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Elezioni in Sardegna, Giorgia Meloni furiosa: «La Lega ha tradito». Ma il flop è tutto suo

elezioni regionali sardegna giorgia meloni matteo salvini
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La premier se la prende con il voto disgiunto e punta il dito contro il Carroccio. Ma...

Il dato più importante delle elezioni regionali in Sardegna è il confronto tra i voti di lista e quelli per il candidato del centrodestra Paolo Truzzu. Mentre i partiti che lo appoggiavano hanno ottenuto il 49% dei voti, lui si è fermato al 45%. Ma c’è anche l’incredibile sconfitta di Cagliari: nonostante fosse il primo cittadino, Trux è arrivato al 34,54% mentre la sua sfidante Alessandra Todde ha portato a casa più del 53%. Ce n’è abbastanza per dire che il centrodestra nell’isola ha sbagliato il candidato. Ma quel candidato l’ha voluto fortissimamente Fratelli d’Italia, rifiutando il bis a Christian Solinas e facendo arrabbiare la Lega. Eppure Giorgia Meloni è furiosa. E i circa cinquemila voti che mancano a Truzzu sono il numero che la fa gridare al complotto.

La strategia della Lega

L’idea è che ci sia stata una strategia di Matteo Salvini per boicottare Truzzu. Se ne parlava sui giornali alla vigilia del voto, sostenendo che la ripicca del Carroccio fosse legata al niet di Fratelli d’Italia sul terzo mandato. Secondo questa prospettiva i leghisti (e i loro alleati nell’isola) avrebbero deciso di punire il sindaco di Cagliari con la “complicità” del Partito Sardo d’Azione: per la defenestrazione di Solinas e per l’intenzione di tarpare le ali ai governatori del Nord rifiutando loro la terza corsa. Un dato arriva a dare consistenza a questa lettura: la differenza tra le liste che appoggiavano il candidato governatore e i voti a Truzzu è di circa cinquemila voti, che ammontano a poco più del 3% del totale: ovvero proprio la percentuale presa dalla Lega alle urne. La Stampa riporta anche il commento di un dirigente sardista: «Andate a vedere l’effetto del voto disgiunto a Cagliari e Quartu».

Il voto disgiunto

E ancora: «A Roma devono capire che non possono imporci nulla a casa nostra». E a questo punto dentro FdI e nel governo crescono i timori per i prossimi appuntamenti elettorali. Come per le regionali in Abruzzo, dove corre un altro candidato di FdI: Marco Marsilio. E dove la Lega aveva fatto un po’ di resistenza sul nome. Anche se qui i sondaggi gli attribuiscono un grande vantaggio, potrebbe non bastare a lasciare tranquilla la premier il 10 marzo. Da qui l’accusa di «tradimento» alla Lega, riportata oggi dal Fatto Quotidiano. Ma anche un appello: «Comunque vada, dobbiamo stare uniti». Anche per fronteggiare l’emorragia nel suo partito: FdI era la prima realtà della Sardegna alle elezioni politiche, adesso è stato superato dal Partito Democratico.

Il flop di Meloni

Ma in realtà il fallimento è tutto della premier. Se è vero che la giunta Solinas aveva deluso l’elettorato e quindi era giusto cambiare cavallo, è lei che ha imposto il candidato presidente scegliendo Truzzu a discapito di altri. Una critica velata in questo senso arriva da Forza Italia, dove il senatore Maurizio Gasparri nota il buon risultato degli azzurri ma aggiunge anche che la regola nella scelta del candidato non deve essere quella di lasciar scegliere chi ha più voti. Serve invece il candidato giusto a prescindere dal partito di appartenenza. La presidente del Consiglio, è il ragionamento sotteso, si è incaponita su quello sbagliato. E ha anche sottovalutato la potenza di fuoco della Lega andando a scontrarsi con il Carroccio sul terzo mandato alla vigilia delle urne.

Le elezioni e le lezioni

Una prospettiva ribadita da Fi anche attraverso Giorgio Mulé in un’intervista a Repubblica: «Non si devono fare prove di forza pesando i voti su elezioni differenti e non si deve arrivare a ridosso delle elezioni per scegliere i candidati. Il centrodestra quando fa le cose in fretta va male: vedasi quello che è accaduto a Roma. La lezione del voto sardo è questa». E non solo. Come ha ricordato Youtrend, con la vittoria di Todde in Sardegna il M5s conquista per la prima volta una regione, il centrosinistra strappa una regione al centrodestra e non accadeva dal 2015 (con Vincenzo De Luca in Campania), il centrodestra perde la sua prima elezione regionale dal 2020. Le lezioni sono tante. La premier le avrà imparate?

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