Il paradosso dei sardi per il guru della longevità: vivevano di più facendo il contrario di quello che suggeriscono i nutrizionisti
Come hanno dimostrato le elezioni regionali appena concluse, i sardi spesso fanno il contrario di quello che ci si aspetta. E non solo in politica. Qualche giorno prima dell’elezione di Alessandra Todde alla presidenza della Sardegna il “caso sardi” era stato al centro di una intervista su Radio Uno (a Giù la maschera) di Marcello Foa e Alessandra Ghislieri a uno dei più importanti scienziati della alimentazione al mondo. Si tratta di un professore di biogerontologia italiano, Valter Longo, che vive e fa le sue ricerche a Los Angeles dove dirige l’Istituto della Longevità alla University of Southern California.
Quei centenari sardi digiuni per forza fino a 70 anni, e poi diventati mangioni
Il professore Longo in quella intervista ha spiegato che una delle basi per potere sperare nella longevità è una alimentazione che progressivamente negli anni si riduce: «Non si può mangiare nello stesso modo a 20, 50 o 90 anni». Questo quasi lapalissiano assunto di partenza però è stato ribaltato proprio dallo studio fatto dall’università americana su un campione di ultracentenari italiani, in gran parte residenti in Sardegna (qualcuno in Liguria, altri in Aspromonte). «Loro hanno avuto due tipi di diete, l’esatto contrario di quel che avviene normalmente. Per decenni una dieta poverissima, perché hanno passato la o le guerre e non avevano da mangiare. Poi si sono trovati a 70-80 anni ancora insieme ai figli a mangiare molto di più. Poca o niente carne fino a 70-80 anni e poi una dieta ricca di proteine quando quasi non dovresti assumerne più».
Si vive 13 anni in più se dai 20 anni in poi la dieta è ricca di legumi e cereali
Il miracolo di iperlongevità dei sardi è innegabile, ma non più ripetibile ai nostri tempi. Secondo il professore Longo il segreto della longevità oggi è soprattutto «in quello che non si mangia». Un recente studio pubblicato in Norvegia condotto su milioni di persone ha però certificato che «una dieta ad alto livello di legumi, cereali, noci e principalmente (ma non totalmente) vegetariana se iniziata all’età di 20 anni ha in media 13 anni di aspettativa di vita in più». E la dieta mediterranea? Per Longo è ingiudicabile: «Non esiste quasi più, e la maggiore parte delle persone fa la sua versione. Quindi in qualche caso può anche essere sana, ma in tanti casi non lo è affatto».
Alto livello di proteine significa vita più breve, ma attenti anche a bassi carboidrati
Per vivere di più è necessario secondo il professore Longo avere alcune accortezze. «Assumere un alto livello di proteine è la scelta peggiore che una persona può fare per la sua longevità. Ma sono pericolose anche le diete a bassi carboidrati che nel breve possono anche avere un effetto sulla perdita di peso, ma a lungo andare sono associate con l’accorciamento della vita». Bisogna stare allora attenti alle calorie seguendo tabelle e applicazioni nate come funghi per avvertire quando sono troppe? «Non serve assolutamente a niente», spiega il professore Longo, «ogni persona ha il suo peso e la sua composizione corporea, ognuno ha il suo metabolismo diverso da quello degli altri». Anche il digiuno va usato con cautela: «Può fare danno. È assodato dagli studi che chi salta la prima colazione vive di meno. Due o tre volte l’anno digiunare può fare molto bene, ma solo se si è seguiti da un medico che indica quando è opportuno farlo». Bene anche l’esercizio fisico: «Ideali 150 minuti alla settimana, anche di camminate, con 15 minuti alla settimana di esercizio fisico più spinto».