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«Una cosa che non ha mai detto a Berlusconi?» E Sallusti si commuove. L’intervista con Gomez e quel ricordo l’anno della maturità – Il video

28 Febbraio 2024 - 20:02 Redazione
A La Confessione, su Rai3, racconta: «A 18 anni, bocciato a fine anno, scappai dalle ire di mio padre arruolandomi nel Battaglione San Marco»

«Ha un minuto per dire una cosa che non ha mai detto a Berlusconi?». Lo chiede il conduttore Peter Gomez, durante la trasmissione La Confessione, su Rai3. E l’intervistato, il giornalista Alessandro Sallusti, che si commuove rimanendo in silenzio. Le immagini del momento sono diventate virali sui social. Un altro momento intimo che Sallusti ha raccontato al condirettore de Il Fatto Quotidiano è quando a 18 anni, bocciato a fine anno, scappò dalle ire del padre arruolandosi nel Battaglione San Marco. «Io aveov un padre non severo, severissimo. E quando vivi nel tabellone, l’unico in mezzo a tutti, “non ammesso”, sono uscito dalla scuola e sono andato al distretto. Avrei dovuto partire a settembre, a quel tempo arrivava la cartolina. Eravamo a giugno, chiesi di anticipare la partenza. Mi risposero di no a meno che non andavo volontario nel Battaglione San Marco che era un contingente che parte la settimana prossima…». E ancora: «Mi dissero guardi che però parte per due anni e mezzo non un anno e mezzo… E dissi: “dove firmo”, tutto pur di sfuggire alle ire di mio padre». Il fatto di entrare in un mondo che non conosceva, «con ragazzi di altra estrazione… » spiega Sallusti, lo ha aiutato. «Il battaglione San Marco – precisa – all’epoca era un battaglione punitivo…».

Quando il condirettore de Il Fatto Quotidiano gli ha chiesto: «Lei ha scritto un libro-intervista con la Meloni (La versione di Giorgia, ndr) e dirige Il Giornale mentre Mario Sechi è stato portavoce della Meloni e dirige Libero». «Credo che sia lo stesso problema che hanno avuto altri giornali quando governava la sinistra, o addirittura giornali simpatizzanti con i Cinque stelle quando hanno governato loro», ha risposto il giornalista. «Noi giornalisti diciamo che siamo i cani da guardia del potere. Lo abbiamo fatto, a tratti lo facciamo, ma quando il potere è non dico amico, ma è in simbiosi con le nostre vedute, siamo un po’ meno cani da guardia e lo siamo tutti», ha concluso.

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