«Uncommitted». In Michigan un’onda di 100mila schede «non schierate» per chiedere a Biden di cambiare linea su Gaza
Joe Biden e Donald Trump proseguono senza scossoni la loro corsa verso la nomination ufficiale a candidati presidente degli Usa rispettivamente tra i Democratici e i Repubblicani. Il voto di ieri alle primarie dei due grandi partiti americani in Michigan, terminato nella notta italiana, conferma il percorso di avvicinamento a tappe forzate a un «rematch» della sfida del 2020. Con il 92% delle schede scrutinate, Trump è stato indicato da poco più del 68% degli elettori conservatori del Michigan (si scelgono i delegati alla convention del Gop). Resta ad ampia distanza l’unica sfidante rimasta in campo, l’ex ambasciatrice all’Onu Nikky Haley, accreditata del 26,5% delle preferenze. Haley ha già detto comunque di voler tenere duro almeno fino al Super-Tuesday di martedì prossimo 5 marzo, quando si voterà in ben 15 Stati Usa e si assegneranno circa un terzo di tutti i delegati necessari per la nomination. Sul fronte Democratico la marcia di Biden è ancor meno contestata: il presidente uscente, che non ha di fatto veri competitor interni, ha preso oltre l’80% dei voti in Michigan (con l’89% di schede scrutinate). Eppure proprio questa cifra lascia intendere che qualcosa non è andato come previsto. Spartite le briciole tra i candidati di bandiera Marianne Williamson e Dean Philips (entrambi attorno al 3%), il vero segnale per Joe Biden stanno nelle quasi 100mila schede (il 13,8%) su cui gli elettori dello Stato del nord-est hanno scritto qualcosa di diverso: Uncommitted, alias «non schierato», o anche «disimpegnato».
Il malessere per Gaza «nero su bianco»
È il sentimento che prova una parte non trascurabile dell’elettorato Democratico, che ha scelto questa via per inviare – carta canta – un segnale concreto a Biden e alla sua Amministrazione. Di che si tratta? Del malessere per la linea della Casa Bianca sul conflitto tra Israele e Hamas. Come raccontato su Open, è qui, in Michigan, che si trova il più alto numero di elettori giovani e una porzione rilevante di arabi-americani – circa 300mila. Una constituency rilevante che nell’ultima elezione ha portato al Congresso la prima deputata palestinese, Rashida Tlaib, oggi in prima fila per denunciare il «genocidio» in corso a Gaza. Quello con capitale Detroit è poi uno dei swing states in cui tradizionalmente si gioca la vera partita per la Casa Bianca. Terreno molto sensibile insomma. E così una mobilitazione locale interna al mondo progressista, chiamata “Listen to Michigan”, ha chiamato gli elettori Democratici insoddisfatti della linea Usa su Gaza – giudicata troppo accondiscendente con Israele, incapace di chiedere (e ottenere) un cessate il fuoco – a mettere per iscritto la loro frustrazione. Appello premiato, a giudicare dai risultati. Difficilmente Biden potrà ignorare quel quasi 14% di uncommitted – non per il danno alla sua corsa alla nomination quanto per quello potenziale nel vero futuribile voto di novembre. «È un risultato molto significativo: Biden non può vincere a novembre se non cambia strada», ha commentato nella notte parlando con la Cnn uno dei sostenitori della campagna uncommitted, l’ex deputato del Michigan Andy Levin.
Biden sotto pressione e i segnali della Casa Bianca
Un segnale che si farà ancor più forte e chiaro se la mobilitazione dei «non schierati» si allargherà e ripeterà anche in altri Stati chiamati prossimamente al voto nelle primarie Dem. I progressisti sulle stesse posizioni – per un cessate il fuoco immediato e una revisione degli aiuti militari a Israele – hanno già lanciato la stessa campagna anche in Minnesota, dove si vota martedì prossimo. Se si uniranno anche altri Stati, e l’appello avrà analogo successo, il tema potrebbe diventare dirimente per Biden, e influire sulla postura sul conflitto israelo-palestinese della Casa Bianca. Che guarda caso proprio ieri, a urne aperte in Michigan, ha annunciato lo stanziamento di 53 milioni di dollari di aiuti umanitari in più per la popolazione palestinese di Gaza e della Cisgiordania. Mentre Biden stesso (mangiando un gelato) sdoganava dopo mesi l’obiettivo del «cessate il fuoco» a Gaza sostenendo che i negoziati indiretti tra le parti sostenuti dalla sua Casa Bianca potrebbero renderlo realtà addirittura entro lunedì prossimo. Ovvero la vigilia dell’atteso Super-Tuesday. Tanto il governo israeliano quanto Hamas hanno rapidamente chiamato il bluff, chiarendo che i negoziati in corso, mediati dal Qatar, non sono affatto ad un punto così avanzato. Resta da vedere se ci crederà il variegato elettorato Democratico.
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