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Ong, dopo 7 anni si chiudono le indagini sulla Iuventa: la procura chiede il non luogo a procedere

29 Febbraio 2024 - 09:25 Ludovica Di Ridolfi
Secondo l'accusa aveva stretto accordi con i trafficanti libici. Ma...

Per l’accusa, la nave Iuventa della Ong tedesca Jugend Rettet aveva favorito l’immigrazione clandestina. Ma la procura di Trapani, al termine delle indagini, ha raggiunto una conclusione diversa: ha chiesto il non luogo a procedere in sede di udienza preliminare. Un risultato, ricorda La Stampa, arrivato dopo ben sette anni di approfondimenti, tre milioni di euro per realizzare migliaia di intercettazioni ed una campagna martellante, politica e mediatica. Sono serviti a stabilire che l’Ong sequestrata nell’agosto 2017, in base alle evidenze raccolte, non ha stretto accordi con i trafficanti. Il verdetto risale a ieri, ed è stato emesso nel corso di un’udienza a porte chiuse nella quale avrebbe provato a fare irruzione un funzionario della Digos, per informarsi sullo stato del processo. Il giudice gli ha imposto di lasciare l’aula.

L’inchiesta

Tutto parte dalle denunce di quattro addetti alla sicurezza, imbarcati all’epoca sulla nave di Save The Children. I quattro, dopo alcuni giorni a bordo di una nave dell’organizzazione, decidono di mandare un report sulla Iuventa ai servizi di sicurezza italiani, l’Aise. Esprimendo i loro sospetti riguardo al fatto che fosse collusa con i trafficanti libici. Accuse ripetute davanti alla squadra mobile di Trapani. Eppure l’affidabilità di quel gruppo ristretto, che ha dato vita a uno dei processi-simbolo alla lotta all’immigrazione, è stata successivamente messa in dubbio. Per la procura gli operatori di sicurezza privata hanno agito nella «spasmodica ricerca di un referente politico interessato alle politiche sulla immigrazione che potesse raccogliere e utilizzare i loro dubbi sulla legittimità dell’operato delle ong nel Mar Mediterraneo».

Gli accusatori

Due di loro sono ex poliziotti, espulsi dal corpo per gravi accuse. Uno avrebbe piazzato della droga nella macchina di un rivale in amore, l’altra avrebbe effettuato gravi violazioni durante il servizio. Ma non sono stati questi i campanelli d’allarme più sonori. Bensì i loro contatti con alcuni esponenti della destra, in quel periodo specialmente appassionati di lotta all’immigrazione. Una delle denuncianti, per esempio, incontrò a Milano Matteo Salvini per raccontargli tutto quello che sapeva dell’inchiesta. Poco dopo, come attestato dalle intercettazioni, avrebbe chiamato un’amica esultando perché il leader della Lega aveva prospettato la possibilità di trovarle un lavoro. Un altro operatore avrebbe invece provato a contattare Giorgia Meloni. Nonostante lo scandalo iniziale, però, tutti gli elementi hanno portato la Procura ad escludere le oscure reti di trafficanti. Adesso la palla passa al Gip, che deciderà se chiudere definitivamente la vicenda.

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