«Vi racconto mio padre Diego Armando Maradona: si scusò e si vergognava di essere stato malato e drogato»
Diego Armando Maradona junior è il figlio di Diego Armando Maradona. Ma per essere riconosciuto dal Pibe de Oro ha dovuto aspettare 29 anni. Oggi in un’intervista al Corriere della Sera racconta chi era il padre: «Mi chiese scusa e mi disse di chiamarlo papà. Con me si vergognava di essere stato un drogato. Maradona Jr è nato nel 1986, ovvero nell’anno in cui il padre stupì il mondo vincendo il Mondiale in Messico. Poi una lunga battaglia giuridica ingaggiata dalla madre Cristiana Sinagra per il riconoscimento. «Mi ha detto che all’epoca, era il 1993, c’erano circostanze che non gli permettevano di fare ciò che voleva. Non si sentiva libero e infatti non lo era». Si riferiva «innanzitutto all’uso di droghe, mio padre era un uomo malato».
La cocaina
Secondo il figlio il padre non andava fiero della sua dipendenza dalla cocaina: «E ci metteva in guardia: “Non la provate mai, vi rovina la vita, non fate gli stupidi, è una droga infame”. Raccontava con orgoglio che ne era uscito». Poi una sera lo chiamò «Rocio Oliva, la compagna di Maradona, e mi disse: “Tuo padre ti vuole parlare”. Io tremavo dalla paura, pensavo volesse rimproverarmi per qualcosa che avevo fatto o detto. E invece mi invitò a cena e per la prima volta mi disse: “Chiamami papà”. Parlò solo lui, mi aveva visto in tivvù e voleva rimediare alla sua assenza. Non potevo crederci, furono ore lunghissime». Poi «fu come se non ci fossimo mai persi. Io ero felice, lui con me. Ci siamo abbracciati, ci siamo raccontati. Il giorno dopo un’altra cena e poi un’altra ancora».
Le scuse
Con il figlio Maradona si è scusato: «Mi ha subito detto: “Io mi sono comportato male, non sono stato un buon padre e per questo mi devi perdonare. Ma adesso contano il presente e il futuro. Sono felice che finalmente ti ho ritrovato. Costruiamo qualcosa assieme”». Maradona Jr parla anche dei rapporti del padre con la camorra: «Disse che in un momento della sua vita, nel periodo finale della sua storia a Napoli, si era sentito protetto da loro. In città non riusciva più a vivere». Infine, svela il suo sogno non realizzato: «Allenare il Napoli».
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