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L’Ue cambia passo e si prepara alla guerra: ecco il piano da 1,5 miliardi per «svegliare» l’industria della difesa

05 Marzo 2024 - 12:43 Simone Disegni
Approvata la nuova Strategia europea per l'industria della difesa, ora la palla ai governi. Borrell: «La pace non è più scontata, prepariamoci al peggio»

L’Unione europea era nata oltre 70 anni fa (con il primo nucleo della Ceca) per dire «mai più» alla guerra sul suolo europeo. Oggi, di fronte alle minacce della Russia, allo spettro del ritorno di Donald Trump negli Usa e al caos in Medio Oriente, l’Ue si prepara per essere pronta a farla di nuovo, la guerra. Si vis pacem, para bellum. Si spera non serva, o che serva il più tardi possibile, ma è tempo di preparare il continente a misurarsi di nuovo in un conflitto armato – questa volta, e sarebbe la prima nella storia, uniti insieme contro un nemico esterno. Ancora senza un nome certo, ma che in questo momento ha le sembianze più probabili di Vladimir Putin. «Non c’è più spazio per le illusioni, Putin ha usato il dividendo della pace per prepararsi alla guerra. L’Europa deve svegliarsi», ha scandito la scorsa settimana al Parlamento europeo Ursula von der Leyen. La via maestra per farlo la sua Commissione la presenta oggi a Bruxelles. Si chiama Strategia europea per l’industria della difesa (Edis), e il Programma che ne dovrebbe derivare prevede lo stanziamento di 1,5 miliardi di euro di qui alla fine del 2025 per costruire, appunto, la «prontezza della difesa europea» (alla guerra). Come? Sostenendo in primis la produzione e l’acquisto più rapido ed efficace di armamenti. Di regola da parte degli Stati membri, sovrani a norma di Trattati Ue nel campo della difesa, attraverso meccanismi quali sussidi, sconti fiscali e attrazione di capitali privati. Ma, se i governi dei 27 approveranno la proposta, si profila la possibilità anche di acquisti congiunti europei – operati dunque direttamente dalla Commissione per conto degli Stati membri – di materiale bellico. «Proprio come abbiamo fatto con grande successo coi vaccini o col gas naturale» nell’ultimo triennio, aveva anticipato von der Leyen al Parlamento.

Testa (e un piede) a Kiev

È da due anni, certo, che l’Ue ha cominciato a modificare seriamente il suo mindset geopolitico, abbandonando dolorosamente l’illusione della pace cui allude von der Leyen. Finora però tutte le mosse intraprese – dall’adozione di una nuova “Bussola strategica” al piano ASAP per sostenere la produzione di munizioni – erano destinate essenzialmente a sostenere militarmente il Paese già aggredito, l’Ucraina. Ora il focus si sposta alla predisposizione dell’industria militare interna all’Unione a ogni scenario, incluso quello del «conflitto ad alta intensità» che pareva consegnato alla Storia. Resta però nel pacchetto legislativo proposto dalla Commissione un forte accento sul coordinamento strategico con l’Ucraina. «Di fatto, la trattiamo come un quasi-membro», ha detto un funzionario dell’esecutivo Ue. Concretamente, la Strategia prevede la creazione di un Ufficio Ue per l’innovazione in difesa a Kiev, l’associazione delle autorità ucraine in (quasi) tutti i programmi di difesa Ue, lo svolgimento di un Forum Ue-Ucraina sull’industria della difesa nel corso del 2024. E altre iniziative a venire.

Obiettivi ambiziosi, budget timido

«La pace non è più scontata», ha detto nel presentare la nuova Strategia l’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell. «L’Ue non è un’alleanza militare, ma dobbiamo avere un’industria militare pronta: è il momento di passare da una modalità di emergenza a una visione di medio-lungo periodo». Per Borrell, questo significa aumentare tanto la capacità di produzione (di armi e munizioni) quanto la certezza di un contesto finanziario utile. «I Paesi membri al momento comprano anche 5 o 6 tipologie diverse di armi, ed oltre 100 miliardi in acquisti di armi vengono spesi ogni anno fuori dall’Ue, per il 60% solo negli Usa. Se mai lo è stato, oggi questo modello non è più sostenibile», gli ha fatto eco la commissaria alla Competizione Margrethe Vestager, che ha parlato con un fiocco giallo-blu in bella vista in solidarietà all’Ucraina. «Dobbiamo cambiare il nostro modo di spendere: investire all’interno dell’Europa e passare da una modalità di risposta alla crisi a quella di una prontezza strutturale della difesa». Restano i dubbi – se tali sono le ambizioni – sullo stanziamento previsto di bilancio: 1,5 miliardi di euro in due anni sono una frazione di quanto necessario per cambiare passo, come ammesso dagli stessi funzionari Ue. «È un’allocazione iniziale per incentivare l’azione degli Stati membri, potrà solo crescere», ha precisato in conferenza stampa Vestager.

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