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Camilla Canepa: cinque indagati per la morte della studentessa dopo il vaccino Covid

08 Marzo 2024 - 10:20 Redazione
Le accuse sono falso ideologico e omicidio colposo

Cinque persone sono indagate per la morte di Camilla Canepa. La studentessa di Sestri Levante è deceduta nel giugno 2021 all’ospedale San Martino di Genova dopo il vaccino Astrazeneca ricevuto in un open day. La procura ha inviato l’avviso di conclusione indagine ai medici, che potranno chiedere entro 20 giorni l’interrogatorio di garanzia. L’autopsia aveva decretato che Canepa «non aveva alcuna patologia pregressa e non aveva preso alcun farmaco». E che la morte per trombosi era «ragionevolmente da riferirsi a un effetto avverso da somministrazione del vaccino anti Covid». Durante le indagini era emerso che alcuni esami provenienti dall’ospedale di Lavagna erano incompleti. Secondo le prime risultanze Camilla soffriva di una patologia autoimmune ed era in cura con una terapia ormonale.

Omicidio colposo e falso

La ragazza in ogni caso non aveva malattie ereditarie. L’ospedale aveva successivamente smentito i genitori. Canepa aveva anomalie già dal primo ricovero (le piastrine basse). L’autopsia ha confermato l’emorragia cerebrale. La procura fa sapere che a quattro degli indagati è contestato il reato di omicidio colposo. Perché non avrebbero sottoposto la ragazza agli accertamenti previsti dal protocollo della Regione Liguria per la sindrome Vitt. Secondo l’accusa quegli esami avrebbero permesso di evidenziare la patologia e attivare le cure che le avrebbero salvato la vita. A tutti e cinque gli indagati è contestato il reato di falso ideologico, per non aver attestato nella documentazione sanitaria che la giovane aveva ricevuto il vaccino. I periti avevano stabilito una probabile correlazione tra la morte della ragazza e il vaccino.

La patologia e la diagnosi

L’esecuzione degli esami avrebbe consentito, secondo i pm Francesca Rombolà e Stefano Puppo, di formulare la corretta diagnosi della patologia insorta e di adottare tempestivamente il trattamento terapeutico che, con elevata probabilità, avrebbe consentito alla paziente di sopravvivere.

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