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Mer, al via la prima mappatura delle coste e dei fondali italiani: cosa prevede il piano di ripristino e tutela degli habitat marini

Tra i progetti del Mer, il piano da 400 milioni per gli habitat marini finanziato con il Pnrr, ci sono anche due iniziative per il ripristino degli ecosistemi che anticipano il regolamento Ue. Ecco come funzionerà

Trentasette interventi, 400 milioni di euro e una finestra temporale di appena due anni per completare tutte le opere. Stanno partendo proprio in queste settimane alcuni dei progetti più importanti del Mer (Marine Ecosystem Restoration), il piano che contiene alcune ambiziose iniziative di ripristino e tutela degli habitat marini. «Si tratta di un’opportunità enorme, per certi versi irripetibile», spiega a Open Giordano Giorgi, coordinatore del progetto e responsabile del Centro Nazionale Coste di Ispra, l’ente che assieme al ministero dell’Ambiente sta seguendo più da vicino i diversi dossier sul tavolo. Tra le attività in partenza proprio in questi giorni c’è la prima mappatura di tutta la costa italiana, che restituirà per la prima volta una fotografia dettagliata e aggiornata dello stato di salute degli ecosistemi marini e non solo.

La prima mappatura della costa italiana

Ad aggiudicarsi la gara d’appalto per le attività di mappatura è il consorzio guidato dall’azienda Fugro, che inizierà le operazioni già nelle prossime settimane e le concluderà, stando alle previsioni, tra circa due anni. «È un’operazione imponente, che in Italia si fa per la prima volta. Non esiste un altro paese a livello europeo che abbia realizzato una mappatura della costa a questi livelli di precisione», precisa Giordano Giorgi. Il processo avviato dall’Ispra potrà contare sulle tecnologie più avanzate tra quelle a disposizione oggi sul mercato e permetterà, al termine del progetto, di creare il primo Atlante digitale dei mari italiani. Le attività saranno condotte su tutto il territorio costiero nazionale attraverso sensori ottici, sensori satellitari e anche un veicolo sottomarino autonomo che sarà usato per l’osservazione diretta di circa 4mila chilometri di costa.

L’erosione costiera e i gli impianti eolici off-shore

La mappatura restituirà una fotografia dettagliata della morfologia delle coste italiane, permettendo – ad esempio – di programmare con precisione gli interventi del governo o degli enti locali. «I fenomeni di erosione costiera iniziano nella parte sommersa della spiaggia. Con i dati che avremo a disposizione saremo in grado di prevedere i fenomeni erosivi che interesseranno la costa italiana nei prossimi dieci anni», spiega il ricercatore dell’Ispra. Un altro vantaggio è legato all’installazione degli impianti eolici offshore. Per far sì che l’elettricità generata dalle pale eoliche arrivi fino alla terra ferma, c’è bisogno infatti di stendere lunghi cavi elettrici. Attraverso la mappatura delle aree costiere, i costruttori saranno in grado di sapere con precisione quali sono i punti di attracco dove è più conveniente (e meno impattante) far passare i cavi.

Alla scoperta dei fondali marini

Il progetto dell’Ispra si avventurerà per la prima volta in aree quasi completamente sconosciute del Mediterraneo, che fino ad oggi non sono mai state monitorate. Una situazione tutto sommato comune, se si considera che ad oggi è stato mappato poco più di un quarto dei fondali marini e oceanici della Terra. «È vero, conosciamo meglio la Luna dei nostri fondali marini», spiega Giordano Giorgi. Ora che può contare sui fondi del Pnrr, anche l’Italia conta di fare la sua parte per colmare questo gap. In particolare, con la mappatura degli oltre 70 monti presenti nelle coste italiane e di cui si hanno a disposizione pochissime informazioni. «Anche in questo caso, si tratta di numeri a cui non siamo assolutamente abituati», precisa il ricercatore dell’Ispra. Negli ultimi 20 anni, infatti, l’Istituto ha mappato appena tre monti sottomarini. E ora, grazie al progetto Mer, si accinge a studiarne 72 in poco più di due anni.

Sul ripristino della natura l’Italia gioca d’anticipo

Accanto alle attività di esplorazione ci sono quelle di ripristino. La prima a cui sta lavorando l’Ispra prevede di ricostruire i banchi di ostrica piatta europea – una specie autoctona del Mar Adriatico – in cinque regioni italiane: Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche e Abruzzo. Secondo le stime delle principali organizzazioni internazionali, circa l’85% dei banchi naturali di ostriche nel mondo è andato perduto. Il secondo progetto di ripristino riguarda la Posidonia oceanica, una pianta acquatica considerata fondamentale per la mitigazione dei cambiamenti climatici. «Le praterie di Posidonia sono alla base della cattura di CO2 e della produzione di ossigeno, eppure l’ultima mappatura risale a decenni fa. Per fare un paragone con la terra emersa, è come se non sapessimo quante foreste ci sono oggi in Italia», osserva Giorgi. Il tema del ripristino degli ecosistemi è diventato oggetto di dibattito anche nelle ultime settimane, grazie all’approvazione della Nature Restoration Law, il provvedimento Ue – approvato dal Parlamento europeo e dunque vicino all’adozione – che prevede di ripristinare almeno il 90% delle aree marine e terrestri degradate entro il 2050. «Siamo stati molto lungimiranti», dice Giorgi a proposito dei due progetti di ripristino su cui è al lavoro l’Ispra. «Con queste iniziative – ha aggiunto – ci stiamo portando avanti con il lavoro che l’Unione europea ci chiederà di fare».

Ormeggi e «reti fantasma»

A completare l’impostazione del Mer ci sono tanti altri progetti, in parte già in corso e in parte programmati. Un esempio? I bandi per la realizzazione di campi di ormeggio, che permetteranno di evitare il danneggiamento dei fondali causato dall’ancoraggio delle navi in alcune aree marine protette. Oppure il progetto per la rimozione delle cosiddette ghost nets, le «reti fantasma» che vengono abbandonate in mare dai pescatori. I dati Ispra mostrano che l’86,5% dei rifiuti marini è collegato in qualche modo alle attività di pesca e il 94% è rappresentato proprio dalle reti abbandonate.

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