Regno Unito, stop ai farmaci bloccanti la pubertà per adolescenti trans: la decisione storica che fa discutere
In Inghilterra è stata presa la decisione di vietare agli adolescenti transgender l’accesso ai farmaci bloccanti della pubertà, che consentono di fermare (in modo reversibile) i cambiamenti fisici legati all’adolescenza, come lo sviluppo del seno o della barba, per coloro che sperimentano un’incongruenza tra il genere e il sesso assegnato alla nascita. La direttiva è stata presa in seguito alla pubblicazione di uno studio commissionato dall’NHS, il servizio sanitario nazionale inglese, che ha messo in discussione la sicurezza e l’efficacia clinica di queste terapie. «Non ci sono prove sufficienti»: è l’esito della ricerca guidata dalla dottoressa Hilary Cass. Pediatra ed esperta di bambini con disabilità, nel 2022 Cass è stata incaricata di condurre una revisione dei servizi di identità di genere per bambini e giovani.
Cosa dice lo studio
In questa revisione Cass denunciava che l’approccio della GIDS (Gender Identity Development Service), l’unica clinica nazionale in Inghilterra specializzata nei bambini con varianza di genere presentava «carenze nell’esplorazione tra la possibile relazione tra la disforia di genere dei pazienti e la neurodiversità o i bisogni psicosociali, inclusi quelli derivanti da traumi infantili o dall’ostilità interiorizzata verso l’attrazione per lo stesso sesso». Inoltre, sosteneva che «le conseguenze a lungo termine dei bloccanti della pubertà sulla salute non si conoscono». Tuttavia, questo ricerca ha suscitato un acceso dibattito all’epoca, con l’Associazione degli Psicologi Clinici che denunciò come l’assenza di un servizio del genere avrebbe aumentato «l’ansia e l’angoscia dei giovani pazienti». Ciononostante, la ricerca di Cass portò il servizio sanitario nazionale a far chiudere i battenti al GIDS e di farlo sostituirlo con dei centri sanitari regionali nel 2023. Successivamente, la chiusura è stata posticipata a marzo 2024. Di conseguenza, il GIDS chiuderà a fine mese e i farmaci bloccanti della pubertà saranno somministrati solo per ricerca clinica sperimentale. Chi potrà partecipare a questi studi non è ancora stato definito.
«Una decisione storica»
La ministra della Sanità inglese, Maria Caulfield, parla di «decisione storica» e si dice favorevole: «Accogliamo con favore questa decisione storica da parte del Servizio Sanitario Nazionale di porre fine alla prescrizione di routine di bloccanti della pubertà e questa guida che riconosce che la cura deve essere basata sull’evidenza, sull’opinione clinica di esperti e nel migliore interesse del bambino». Su tutte le furie, invece, le associazioni lgbtqia+. Particolarmente preoccupata Stonewall Uk che in una nota dichiara: «Tutti i giovani trans meritano di accedere a un’assistenza sanitaria tempestiva e di alta qualità. Per alcuni, una parte importante di queste cure arriva sotto forma di bloccanti della pubertà, un trattamento reversibile che ritarda l’inizio della pubertà, prescritto da esperti endocrinologi, dando all’adolescenti più tempo per valutare i passi successivi. Siamo preoccupati che l’NHS England sospenderà le nuove prescrizioni fino a quando un protocollo di ricerca non sarà operativo alla fine del 2024».
La situazione in Italia
Anche in Italia il dibattito è aperto e prosegue incessante da anni. Nel nostro Paese, i farmaci bloccanti la pubertà vengono prescritti agli adolescenti che manifestano un’incongruenza di genere e un disagio psico-fisico correlato, con un rischio documentato scientificamente di sviluppare ansia, depressione, autolesionismo e suicidio. La loro prescrizione passa necessariamente attraverso il consenso dei genitori del giovane paziente e la diagnosi di un’equipe medica multidisciplinare. Chi manifesta da sempre dubbi sulla sicurezza di queste terapie è la Società Psicanalitica Italiana che in più occasioni ha chiesto al governo lo stop di queste terapie. Tuttavia, la comunità scientifica specializzata nel settore, che include endocrinologi, andrologi e neuropsichiatri infantili, ha respinto questi dubbi, definendoli «ideologici» e sottolineando che «si sta parlando di trattamenti che non sono in fase sperimentale, ma sono stati autorizzati dal Comitato Nazionale di Bioetica nel 2018, approvati da una determina dell’AIFA nel 2019 e supportati da raccomandazioni scientifiche internazionali».
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