L’autobiografia di Papa Francesco: «In Vaticano c’era chi aspettava la mia morte. Ratzinger usato da gente senza scrupoli»
Si chiama Life. La mia storia nella Storia l’autobiografia di Papa Francesco. Uscirà il 19 marzo in Europa e in America con HarperCollins e Jorge Mario Bergoglio l’ha scritta insieme a Fabio Marchese Ragona, vaticanista di Mediaset. Oggi il Corriere della Sera anticipa alcuni brani del libro in un articolo a firma di Aldo Cazzullo. Nel testo il pontefice parla di sua nonna Rosa Margherita Vassallo, della sua elezione a cardinale e di Joseph Ratzinger. Ma anche dell’incontro con Diego Armando Maradona e del golpe in Argentina. E si difende dalle accuse. Tra queste, quella di essere comunista. Con un aneddoto: «Qualcuno, dopo la mia elezione a Papa, ha detto che parlo spesso dei poveri perché anche io sarei un comunista o un marxista».
Le scarpe rosse e il comunismo
E poi: «Anche un cardinale amico mi ha raccontato che una signora, una buona cattolica, gli ha detto di esser convinta che Papa Francesco fosse l’antipapa. La motivazione? Perché non uso le scarpe rosse! Ma parlare dei poveri non significa automaticamente essere comunisti: i poveri sono la bandiera del Vangelo e sono nel cuore di Gesù! Nelle comunità cristiane si condivideva la proprietà: questo non è comunismo, questo è cristianesimo allo stato puro!». Poi il racconto passa alla fidanzata: «Durante quell’anno in seminario ebbi anche una piccola sbandata: è normale, altrimenti non saremmo esseri umani. Avevo già avuto una fidanzata in passato, una ragazza molto dolce che lavorava nel mondo del cinema e che in seguito si è sposata e ha avuto dei figli. Questa volta invece mi trovavo al matrimonio di uno dei miei zii e rimasi abbagliato da una ragazza. Mi fece davvero girare la testa per quanto era bella e intelligente. Per una settimana ebbi la sua immagine sempre nella mente e mi fu difficile riuscire a pregare! Poi per fortuna passò, e dedicai anima e corpo alla mia vocazione».
Gli abortisti killer
Nel libro il papa condanna le pratiche dell’aborto e dell’utero in affitto: ««Dobbiamo difendere sempre la vita umana, dal concepimento fino alla morte; non mi stancherò mai di dire che l’aborto è un omicidio, un atto criminale, non ci sono altre parole: significa scartare, eliminare una vita umana che non ha colpe». E si difende dalle accuse di complicità con la dittatura argentina: «È stata la vendetta di qualche sinistrino che invece sapeva quanto mi fossi opposto a quelle atrocità. L’8 novembre 2010 sono anche stato interrogato come persona informata dei fatti per il processo sui crimini commessi durante il regime. L’interrogatorio è durato quattro ore e dieci minuti: un fuoco di fila di domande… In seguito alcune persone mi hanno confidato che il governo argentino dell’epoca aveva provato in tutti i modi a mettermi il cappio intorno al collo, ma che alla fine non avevano trovato prove perché ero pulito».
Il Vaticano e la morte
Nel libro Papa Francesco sostiene anche che in Vaticano c’era chi aspettava la sua morte: «Qualcuno era più interessato alla politica, a fare campagna elettorale, pensando quai a un nuovo conclave. State tranquilli, è umano, non c’è da scandalizzarsi! Quando il Papa è in ospedale, di pensieri se ne fanno molti, e c’è anche chi specula per proprio tornaconto o per guadagno sui giornali. Per fortuna, nonostante i momenti di difficoltà, non ho mai pensato alle dimissioni».
Le dimissioni di Ratzinger
Bergoglio racconta anche le dimissioni di Ratzinger e poi le polemiche scatenate contro di lui usando il Papa Emerito: «Mi ha invece addolorato vedere, negli anni, come la sua figura di Papa emerito sia stata strumentalizzata con scopi ideologici e politici da gente senza scrupoli che, non avendo accettato la sua rinuncia, ha pensato al proprio tornaconto e al proprio orticello da coltivare, sottovalutando la drammatica possibilità di una frattura dentro la Chiesa». E ricorda l’incontro a Castel Gandolfo: «Decidemmo insieme che sarebbe stato meglio che non vivesse nel nascondimento, come aveva inizialmente ipotizzato, ma che vedesse gente e partecipasse alla vita della Chiesa. Purtroppo servì a poco, perché le polemiche in dieci anni non son mancate e hanno fatto male a entrambi».
…e le sue
Infine affronta l’argomento delle sue dimissioni. Sostenendo che il ministero petrino è ad vitam. E quindi senza spazi per ritiri: «Le cose cambierebbero se subentrasse un grave impedimento fisico, e in quel caso ho già firmato all’inizio del pontificato la lettera con la rinuncia che è depositata in Segreteria di Stato. Se questo dovesse succedere, non mi farei chiamare Papa emerito, ma semplicemente vescovo emerito di Roma, e mi trasferirei a Santa Maria Maggiore per tornare a fare il confessore e portare la comunione agli ammalati. Ma questa è un’ipotesi lontana, perché davvero non ho motivi talmente seri da farmi pensare a una rinuncia. Qualcuno negli anni forse ha sperato che prima o poi, magari dopo un ricovero, facessi un annuncio del genere, ma non c’è questo rischio: grazie al Signore, godo di buona salute e, a Dio piacendo, ci sono molti progetti ancora da realizzare».
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