Smog, assegno unico, spiagge, rifiuti: l’Italia nel mirino dell’Ue per 71 motivi. E le infrazioni ci sono già costate quasi 900 milioni di euro
Una nuova procedura d’infrazione e un deferimento alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Questa settimana Bruxelles è tornata a bacchettare l’Italia su due questioni irrisolte da anni: le acque di scarico e gli standard sulla qualità dell’aria. Nel pacchetto di procedure d’infrazione di marzo, l’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen ha deciso di deferire il governo italiano alla Corte Ue per non aver rispettato alcuni obblighi di raccolta e trattamento degli scarichi idrici previsti dalla direttiva europea. Allo stesso tempo, la Commissione Ue ha aperto una nuova procedura d’infrazione per lo sforamento dei limiti giornalieri di concentrazione dell’inquinamento atmosferico. Una questione di cui si è tornati a parlare molto nelle scorse settimane con l’ennesima allerta smog che ha interessato la Pianura Padana, ad oggi il territorio con la peggiore qualità dell’aria di tutto il continente europeo.
Cosa sono le procedure d’infrazione
Inquinamento atmosferico e acque reflue rappresentano due dossier su cui Roma è finita da tempo nel mirino delle istituzioni europee. Per capire il senso dell’intervento Ue occorre fare però un passo indietro. Cosa si intende di preciso con procedura d’infrazione? Si tratta di uno dei principali strumenti attraverso cui l’Unione europea può garantire che ogni Stato membro rispetti le norme comunitarie. Questo compito di «custodia dei trattati» è affidato alla Commissione europea, che può avviare una procedura d’infrazione per tre diversi motivi: mancata comunicazione (se lo Stato membro non comunica in tempo debito le misure scelte per implementare una direttiva), mancata applicazione (quando lo Stato membro non si allinea nei fatti con le indicazioni della legislazione europea), sbagliata applicazione (quando una legge europea viene applicata incorrettamente da uno Stato membro). L’iter di procedura d’infrazione si divide sostanzialmente in due fasi. La prima è quella del pre-contenzioso, in cui la Commissione europea rileva la violazione di una norma e chiede spiegazioni o misure correttive al Paese membro. La seconda è quella del contenzioso vero e proprio, in cui lo Stato viene formalmente deferito alla Corte di giustizia Ue, chiamata poi ad accertare se esso abbia effettivamente violato una legge e, nel caso, quanto sarà tenuto a pagare.
Tutte le procedure a carico dell’Italia
Stando ai dati del dipartimento per gli Affari europei della Presidenza del Consiglio, al 7 febbraio 2024 erano 71 le procedure di infrazione Ue a carico dell’Italia. Di queste, 57 riguardano una violazione del diritto dell’Unione e 14 il mancato recepimento di direttive. Il settore su cui il nostro Paese fa più fatica a stare al passo con le norme europee è l’ambiente: in quest’area pendono sull’Italia 18 procedure di infrazione. Seguono Affari economici e finanziari (8), Lavoro e politiche sociali (7), Trasporti (7), Concorrenza e aiuti di Stato (5), Energia (5), Affari interni (4), Giustizia (3), Affari esteri (2), Agricoltura (2), Appalti (2), Fiscalità e dogane (2), Libera circolazione delle merci (2), Salute (2), Libera prestazione dei servizi (1), Tutela dei consumatori (1).
Sanzioni per oltre 800 milioni di euro
Una relazione presentata in Parlamento nell’aprile 2023 ha calcolato che l’Italia, al 31 dicembre 2021, ha versato nelle casse dell’Unione europea 877,9 milioni di euro in sanzioni pecuniarie. Cifre che si riferiscono alle sei procedure d’infrazione per cui l’Italia è stata condannata. La voce di spesa più ingombrante riguarda la questione dei rifiuti in Campania, per cui il nostro Paese è stato condannato a pagare la somma forfettaria di 20 milioni di euro. A questa si sono aggiunti però 120mila euro di penalità per ogni giorno di ritardo, che hanno fatto lievitare l’importo totale versato all’Ue a 281,8 milioni di euro (al 31 dicembre 2021). C’è poi il problema delle «discariche abusive», costato 252 milioni, e la già citata questione del trattamento delle acque reflue, che ha presentato un conto da 142,8 milioni. L’ultimo rapporto annuale della Commissione europea sulle procedure d’infrazione, presentato lo scorso anno e relativo al 2022, conferma le stime presentate in Parlamento, ma aggiunge un ulteriore campanello d’allarme. Nel 2022, infatti, il nostro Paese era all’ottavo posto in Ue per procedure d’infrazione aperte, ma al primo posto (insieme alla Grecia) per le procedure che si trovano nello stadio più avanzato, ossia più vicino all’emanazione di sanzioni.
I ritardi dell’Italia sull’ambiente
Delle 71 procedure d’infrazione aperte contro l’Italia, 18 hanno a che fare con l’ambiente. Una delle questioni più annose riguarda il trattamento delle acque reflue. Bruxelles, in particolare, accusa il governo italiano di «mancanza di conformità» in 179 agglomerati urbani, ossia Comuni con più di 2mila abitanti. Nonostante «alcuni progressi» riconosciuti al nostro Paese, l’esecutivo Ue sostiene che gli sforzi messi in campo per ovviare al problema del trattamento delle acque di scarico sono stati «finora insufficienti». Da qui, dunque, la decisione di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia Ue, che potrebbe infliggere una nuova sanzione multimilionaria. Un altro dossier finito da tempo nel mirino della Commissione europea è quello dell’inquinamento atmosferico: sia per la «violazione sistematica» degli standard sulla qualità dell’aria in Pianura Padana (già accertata nel 2020 dalla Corte di Giustizia Ue) sia per la violazione della direttiva sulle emissioni industriali da parte dell’ex Ilva di Taranto. Ci sono poi le questioni relative ai rifiuti, su cui l’Italia è stata bacchettata per la presenza di discariche abusive, e agli habitat marini e terrestri. Su quest’ultimo fronte, la Commissione europea ha avviato lo scorso febbraio due nuove procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia. La prima riguarda la mancata attuazione della direttiva Habitat per non aver istituito un sistema di monitoraggio della cattura accidentale e l’uccisione di specie protette come il delfino Tursiope e la tartaruga Caretta caretta. Nella seconda procedura si accusa l’Italia di non aver rispettato alcuni articoli della direttiva Uccelli, per esempio riguardo alla mancata proibizione di munizioni contenenti piombo nelle aree umide.
Balneari, assegno unico e gli altri dossier nel mirino di Bruxelles
Oltre ale questioni ambientali ci sono altre pratiche su cui Bruxelles in questi anni ha bacchettato l’Italia. Una su tutte: le concessioni balneari. Lo scorso novembre, la Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione in cui accusa l’Italia di aver violato la direttiva Bolkestein, che impone le gare pubbliche sulle concessioni di demanio marittimo. Al momento, si tratta semplicemente di un parere motivato, che non necessariamente finirà di fronte ai giudici della Corte di giustizia Ue. Bruxelles chiede però a Roma di mettere fine al più presto a questa anomalia, finita di recente anche nel mirino della Corte dei conti per i mancati introiti incassati dallo Stato. Nel 2022, gli stabilimenti balneari hanno versato infatti 115 milioni di euro in concessioni, a fronte di un fatturato del settore che ha superato i 30 miliardi. Sempre lo scorso novembre, la Commissione europea ha contestato all’Italia anche l’introduzione dell’assegno unico. In questo caso, Bruxelles ha giudicato «discriminatorio» il doppio requisito per ottenere il sussidio Inps, ossia i due anni di residenza nel Paese e la convivenza.
Foto di copertina: ANSA/Fabio Cimaglia | Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni durante un evento alla Farnesina (Roma, 23 luglio 2023)
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