Roma, un dito mozzato accanto a una mannaia sporca di sangue: arrestate 7 persone legate alla gang delle torture
I poliziotti del commissariato Appio hanno trovato in un b&b della Capitale un dito mozzato all’interno di una bustina di cellophane, una mannaia sporca di sangue, tre pistole, un fucile calibro 12 e una mitragliatrice. Il bed and breakfast all’inizio della via Appia, dove è avvenuto il ritrovamento, veniva utilizzato – scrive il Messaggero – come covo e deposito per armi e droga dalla rete dei pusher legati alla cosiddetta “gang delle torture”. Quelli arrestati pochi giorni fa con l’accusa di essere i mandanti dell’omicidio del carrozziere Andrea Fiore, e della gambizzazione, lo scorso anno, di Alex Corelli e Simone Daranghi. A raccontarlo è Marzia De Lumé, già fermata poiché custode di un arsenale della stessa banda e inizialmente decisa a collaborare con la giustizia.
Punizione esemplare
Il dito, stando alle banda citata dal giornale romano, apparterrebbe «a un giovane meritevole, di una punizione esemplare, perché quanto capitato a lui fosse da monito per altri». La collaboratrice ha confidato agli investigatori di esseri terrorizzata «perché quelli sparano e lo hanno fatto per davvero». Dichiarazioni, queste, confermate anche da Daniele Viti, già in carcere come esecutore materiale del delitto Fiore: «Il metodo era prendere un soggetto, sequestrarlo e torturarlo senza farsi scrupoli», si legge nel verbale. Come è accaduto, ricorda il Messaggero, a Samiro Jarabi al quale la banda delle torture voleva estrapolare informazioni circa Mirko Carbone sparito dopo avere accumulato un debito di 80mila euro. Jarabi venne infatti prelevato dalla sua casa e portato in campagna.
Le riprese
Lì, uno dei capi (Giacomo Daranghi detto “lo zio”) diede ordine di tagliargli un dito. Ma il ragazzo pianse dicendo che preferiva gli sparassero invece che mutilarlo. La spedizione punitiva veniva poi ripresa in video-call. La gang gestiva un giro di spaccio tra il Tuscolano e Montespaccato: i driver consegnavano l’hashish, i corrieri fidati si occupavano dell’importazione dello stupefacente.