L’analista russo che «non esclude» la mano di Kiev dietro la strage di Mosca: «Perché non dovrebbe esserci dietro l’Ucraina?»
Evgenij Minchenko è un analista geopolitico russo, presidente dell’Associazione Russa per le pubbliche relazioni, docente e direttore del Centro di ricerche internazionali dell’università di Mosca. Della strage al Crocus City Hall di Krasnogorsk vicino Mosca parla oggi con Marco Imarisio del Corriere della Sera. Esordendo con una domanda: «Perché non dovrebbe esserci dietro l’Ucraina?». La tesi di Kiev dietro la strage è stata ventilata da Vladimir Putin nel suo atteso discorso dopo i fatti. La rivendicazione dell’Isis porterebbe però a un’altra pista. Minchenko non è convinto: «Non so con precisione chi siano i mandanti. Ma abbiamo letto centinaia di dichiarazioni da parte di militari e funzionari dei servizi segreti ucraini, i quali sostenevano che il loro compito principale è di far sentire al maggior numero possibile di cittadini russi, sulla propria pelle, tutte le tribolazioni di questa guerra».
Le dichiarazioni dei servizi segreti
Secondo Minchenko un altro indizio della presunta complicità dell’Ucraina risale negli ultimi attentati in terra russa: «Quel che in concreto ha fatto negli ultimi tempi l’Ucraina, intensificando i colpi contro la popolazione pacifica russa, calza a pennello questa logica. Come sia poi andata effettivamente al Crocus, lasciamolo scoprire alle nostre strutture di forza. Ma non vedo dove sia lo scandalo nel sospettare di Kiev». L’analista dice che gli ucraini «da molti anni, loro uccidono civili nelle strade di Donetsk, praticamente ogni giorno. Qualcuno forse se n’è mai scandalizzato? Ditemi se la vostra premier Meloni si è mai pronunciata a proposito delle vittime civili russe a Donetsk. Io non ne ho mai avuto notizia». Mentre l’ipotesi della complicità dell’Occidente al momento è appunto «solo un’ipotesi che difficilmente verrà dimostrata».
La mobilitazione
Minchenko non crede che sia in arrivo un’altra mobilitazione: «Non capisco come si possa legare una tale decisione a questo attentato. Non si tratta di qualcosa che è avvenuto al fronte, sul campo di battaglia. Se parliamo di attacchi terroristici, la mobilitazione nelle forze armate non scongiura questo pericolo. È compito piuttosto del Servizio federale di sicurezza, del ministero dell’Interno, della Rosgvardia». In ultimo, l’esperto non esclude la possibilità del ritorno della pena di morte in Russia: «Tecnicamente non è una impresa ardua. Come sa, non abbiamo mai ratificato gli accordi internazionali sulla abolizione della pena capitale, e ci basiamo sulle delibere della nostra Corte costituzionale, che potrebbero essere riesaminate. A titolo personale, io sono contrario».
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