Buoni fruttiferi postali: cosa sono e perché convengono ai risparmiatori
Dal 7 marzo i risparmiatori potranno acquistare buoni fruttiferi decennali indicizzati all’inflazione italiana e con serie IL110A240307. Si tratta di un prodotto di Cassa Depositi e Prestiti che si acquista presso le Poste. Ma sono sicuri? Open ne ha parlato con il professor Beppe Scienza, docente del dipartimento di matematica dell’università di Torino e autore del libro “I nostri soldi e l’inflazione” (edizioni Ponte alla Grazie). Nei buoni fruttiferi postali, spiega il docente e gestore del sito Il risparmio tradito, «la somma investita si rivaluta come l’inflazione italiana con inoltre un piccolo interesse. C’è solo un periodo iniziale di 18 mesi durante il quale rivalutazione e interessi sono sospesi, ma vengono recuperati dopo. Direi quindi che è un investimento molto sicuro».
Ma la distribuzione presso le Poste può penalizzarli?
«Li penalizza parecchio o, meglio, rende la vita difficile a chi vuole sottoscriverli. Le Poste Italiane guadagnano molto di più rifilando ai risparmiatori polizze vita, fondi pensione e altre pessime formule del risparmio gestito. Per questo è frequente che ostacolino quei buoni che pur si chiamano “postali”».
I buoni fruttiferi postali in generale sono un buon investimento?
«Qui il discorso diventa più complicato, perché esistono di varie fattispecie. Sono in generale un investimento sicuro, perché in termini monetari si può ritirare ogni giorno il capitale investito, senza o con interessi a seconda del tipo, della durata di possesso ecc. Inoltre sono garantiti dallo Stato Italiano senza limiti, cioè anche oltre i 100.000 euro».
È vero che ne esistono anche per i bambini? Che caratteristiche hanno?
«Sono buoni che si possono intestare a un minorenne e in questo momento rendono relativamente tanto, se sottoscritti per un bambino di un anno o meno. Gli fruttano infatti il 6% annuo composto lordo fino all’età di 18 anni. Ma il senso vero di tali buoni è impedire o almeno rendere molto difficile ai genitori di servirsene per sé, sottraendoli al bambino».
Negli ultimi trent’anni i buoni postali sono gli investimenti che hanno reso di più. Ci può fare un po’ di storia di questo tipo di prodotto?
«Anche qui le fattispecie sono numerose e diverse. Porterò però un caso concreto e particolarmente significativo, a dimostrazione che è falso che essi siano le Cenerentole del risparmio, adatti solo alle vecchiette ignoranti. Li presentano così i venditori di fondi e polizze, per guadagnare piazzando le loro trappole».
I fondi comuni italiani partono nel 1984 e dalla fine di quell’anno specifici indici ne registrano il rendimento. Ebbene, 1 euro investito a fine 1984 in fondi comuni in trent’anni è passato mediamente a circa 5 euro e invece a 6,6 euro, se messo in fondi azionari. Non è buono, perché in buoni postali ordinari è diventato invece 15,1 euro netti. Cioè fra il triplo e più del doppio rispetto al tanto decantato risparmio gestito. Non so se mi spiego».
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