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L’architetto, il radiologo, il prestanome: i tre insospettabili che aiutavano la latitanza di Matteo Messina Denaro

27 Marzo 2024 - 10:22 Ugo Milano
In manette un architetto prestanome e anche il tecnico radiologo dell'ospedale di Campobello di Mazara. I pm: «La rete di sostegno è stata svelata solo in minima parte»

È stato sferrato un nuovo colpo alla rete di fiancheggiatori che ha protetto Matteo Messina Denaro nel corso della sua latitanza durata oltre 30 anni. Oggi i carabinieri del Ross hanno arrestato tre persone. Si tratta dell’architetto Massimo Gentile e del tecnico radiologo Cosimo Leone, sospettati di associazione mafiosa. E di Leonardo Gulotta, sospettato di concorso esterno in associazione mafiosa. Dal 16 gennaio 2023, giorno della cattura del boss di Cosa Nostra, sono 14 le persone finite in manette. Tutte accusate di aver aiutato in qualche modo il capomafia a eludere controlli e procedere indisturbato nella sua latitanza. Di queste, quattro persone sono già state condannate.

Massimo Gentile

Originario di Campobello di Mazara, il paese in cui Messina Denaro ha trascorso gli ultimi anni di latitanza, Massimo Gentile vive a Limbiate, in provincia di Monza, dove lavora per il Comune. Si tratta di un parente di Salvatore Gentile, killer ergastolano e marito di Laura Bonafede, amante storica di Matteo Messina Denaro. Secondo i pm, tra il 2007 e il 2017, l’architetto avrebbe ceduto più volte la sua identità al capomafia ricercato. Consentendogli così di acquistare una Fiat 500 e una moto Bmw, ma anche di compiere operazioni bancarie. Nel complesso, scrivono i magistrati, è anche grazie a Gentile che Messina Denaro è riuscito «a vivere e muoversi nel suo territorio come un cittadino qualunque e con un apparentemente regolare documento di riconoscimento».

Il radiologo e il prestanome

La seconda persone arrestata oggi è Cosimo Leone, cognato di Massimo Gentile. A lui i pm contestano di aver garantito al boss latitante di fare una Tac al torace e all’addome in totale sicurezza. Fu lui, inoltre, a consegnargli un cellulare durante il ricovero all’ospedale di Mazara del Vallo, nei giorni in cui il capomafia venne operato di tumore al colon. Secondo la procura di Palermo, Leone sarebbe stato per Messina Denaro non solo «un indispensabile tramite con l’esterno durante l’intero periodo di degenza», ma anche «un importantissimo punto di riferimento all’interno dell’ospedale». A finire in manette oggi è anche Leonardo Gulotta. Secondo i pm, avrebbe messo a disposizione di Messina Denaro la propria utenza telefonica per poter ricevere comunicazioni dal rivenditore della Fiat 500 acquistata sotto falso nome e dalle agenzie assicurative.

L’accusa dei pm: «Clima di totale omertà»

Secondo la procura di Palermo, i tre arresti scattati oggi dimostrano che c’è ancora un clima di omertà che «avvolge come una nebbia fittissima tutto ciò che è esistito» intorno alla figura di Matteo Messina Denaro. «Si tratta di un’omertà trasversale, che di fatto, allo Stato, ha precluso agli inquirenti di avere spontanee notizie anche all’apparenza insignificanti», ha denunciato la procura di Palermo, guidata da Maurizio de Lucia. I pm parlano dell’esistenza di una «vasta, trasversale e insidiosissima rete di sostegno», che è stata svelata finora solo «in minima parte».

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