Adolescenti trans e farmaci bloccanti, in arrivo nuove linee guida. Escluse le associazioni Lgbt: «Coinvolgeteci»
Proseguono le iniziative contro i farmaci bloccanti della pubertà, le terapie che consentono di fermare (in modo reversibile) i cambiamenti fisici legati all’adolescenza, come lo sviluppo del seno o della barba, nei giovani trans e non binari che sperimentano un’incongruenza tra il genere e il sesso assegnato alla nascita. Dopo le ispezioni del governo al centro Careggi di Firenze, l’interrogazione parlamentare di Maurizio Gasparri (Forza Italia), il passo indietro del Regno Unito, ma al contempo anche la presa di posizione a favore dei farmaci delle società scientifiche del settore, in Italia ha preso il via un tavolo congiunto tra il ministero della Salute e il ministero della Famiglia per elaborare nuove linee guida sul tema. Tuttavia, «non è stata coinvolta alcuna associazione di persone transgender e loro alleate» nell’operazione. A denunciarlo sono oltre 40 associazioni lgbtqia+, a cui si aggiungono decine di firme tra medici, psicologi e avvocati del settore, in una lettera congiunta. Sollevano perplessità per la scelta dei ministri Eugenia Roccella e Orazio Schillaci di definire «in modo verticale e centralizzato i protocolli e le linee guida per l’accesso ai percorsi di affermazione di genere delle giovani persone trans* e non binarie».
La denuncia di associazioni lgbtqia+, medici e psicologi
In primis, perché al momento «l’istituzione del tavolo tecnico governativo volto a vagliare tali percorsi, pur a fronte delle recenti azioni politiche e mediatiche promosse da chi tenta di suggerire la pericolosità di questi percorsi salvavita, non ha visto alcuna interlocuzione con quelle realtà associative che da decenni si occupano della salute delle persone trans». Un coinvolgimento «doveroso», puntualizzano le associazioni, altrimenti – aggiungono – si rischia di far condurre l’operazione «a chi fino ad oggi ha guidato una crociata ideologica contro la nostra comunità, negando e marginalizzando i bisogni delle persone trans più piccole, con il concreto rischio di peggiorare ulteriormente le condizioni della popolazione trans, in Italia già drammaticamente precaria». Sono decine e decine le associazioni che hanno firmato il comunicato, dal Movimento Identità Trans a Libellula Italia APS fino allo Sportello Trans Ala Milano, ma la sottoscrizione è in continua espansione. Tra i firmatari singoli spuntano i nomi dell’endocrinologa Giulia Senofonte, la psicoterapeuta Giovanna Auguanno, il regista Fabiomassimo Lozzi e Daniela Lourdes Falanga, nota per essere un’attivista trans figlia di un importante boss camorrista del clan Falanga (Napoli) da cui ha preso le distanze una volta diventata maggiorenne per poi diventare una figura di spicco nella comunità lgbtqia+ e nella lotta alle mafie.
«Le terapie riducono il rischio suicidio»
Nel comunicato ci tengono a richiamare i dati scientifici a supporto dei farmaci bloccanti della pubertà. «A fronte del 40% di giovani persone trans a rischio suicidio, la terapia con triptorelina riduce del 70% questa drammatica possibilità. Anche lo studio di Diana Tordoff (MPH Standford School of Medicine) ha dimostrato che interventi legislativi avversi ai percorsi di affermazione di genere possono aumentare il rischio di suicidio delle giovani persone trans». Inoltre, negli adolescenti trans che assumono terapie bloccanti «si riscontra il 60% in meno di casi di depressione e il 73% in meno di pensieri o tentativi di suicidio rispetto a quelle che non ricevono supporto medico nei loro percorsi». Pertanto, denunciano le associazioni lgbtqia+, «davanti a questi dati inequivocabili, confermati anche dalle società scientifiche esperte del settore, ci stupisce che il Governo non abbia tenuto conto del dato tecnico, ma abbia invece sentito il bisogno di condurre una battaglia che sembra ideologica».
L’appello al governo
«Ci chiediamo – proseguono – come sia possibile apprendere tale notizia solo attraverso la stampa, nonostante le nostre realtà associative siano accreditate dalle stesse istituzioni sanitarie attraverso la piattaforma “infotrans” dell’Istituto Superiore di Sanità, nel pieno riconoscimento dei nostri servizi e del nostro know-how sui temi relativi al benessere della popolazione transgender». Per poi sottolineare che non è, quindi, «né logico né scientifico che il governo istituisca, in modo unilaterale, un tavolo tecnico volto a legiferare su di noi e sui nostri corpi, ignorando le nostre esperienze e le nostre competenze». Da qui l’appello alla politica: «Se il governo decidesse di coinvolgere le associazioni trans* nell’istituzione del tavolo, saremo pronti a fornire una risposta adeguata orientata unicamente alla tutela delle necessità e del benessere psicofisico delle persone trans, garantendo un approccio completo, rispettoso e scientifico alla questione».
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