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No al Reddito di cittadinanza per i ludopatici, la Consulta: «Non va dato a chi può rovinarsi col gioco»

29 Marzo 2024 - 16:41 Redazione
La sentenza riguarda un uomo al quale era stato sospeso il sussidio, dopo che la scoperta di alcune vincite mai dichiarate

Giochi e scommesse per un totale di 44 mila euro vinto nel 2017 e 69 mila euro nel 2018. Lo stato patrimoniale che, nel 2020, subisce una variazione, a causa delle puntate online, pari a circa 160 mila euro. E intanto, a marzo del 2019, la presentazione della domanda per ottenere il Reddito di cittadinanza. È la storia (economica) di un residente del Foggiano che è arrivata fino alla Corte costituzionale, chiamata a decidere sulla legittimità della concessione del sussidio. La questione, sollevata dal tribunale del capoluogo dauno, è stata sciolta dalla sentenza 54 del 2024: il Reddito di cittadinanza «non può aiutare chi si rovina con il gioco». I giudici hanno ritenuto che la misura introdotta dal primo governo Conte «risulta strutturata in modo da non poter venire in aiuto alle persone che, in forza delle vincite lorde da gioco conseguite nel periodo precedente alla richiesta, superino le soglie reddituali di accesso, anche se, a causa delle perdite subite, sono rimaste comunque povere». Non solo: la Consulta ha considerato legittimo che i legislatori abbiano deciso che non sia compito dello Stato assegnare il sussidio «a chi, poco prima, si è rovinato con il gioco». E questo perché «non è la povertà da ludopatia, ma è piuttosto la ludopatia stessa a rappresentare uno di quegli ostacoli di fatto che è compito della Repubblica rimuovere».

Insomma, è costituzionalmente coerente il decreto-legge n. 4 del 2019 che sanziona penalmente l’omessa dichiarazione delle vincite lorde, al fine di accedere al Reddito di cittadinanza o di mantenerlo. L’imputato, che ha registrato vincite importanti anche dopo l’accesso al beneficio economico, è andato contro la disciplina del Reddito, che vieta espressamente di utilizzarne gli introiti per il gioco: «Il principio di eguaglianza sostanziale, alla cui attuazione il Reddito è peraltro riconducibile, non può certo essere invocato a sostegno di una questione di legittimità costituzionale nell’interesse di chi ha travolto le regole fondamentali dell’istituto, alterandone così la natura». La sentenza ha chiarito anche che «la giocata online assume il carattere di una qualunque spesa, ma non si può pretendere che la solidarietà pubblica si faccia carico di una spesa di tal genere». In conclusione, i giudici hanno rimarcato anche che, poiché la norma prevede che siano dichiarate le vincite di gioco e non le relative perdite, la situazione di povertà «in cui la persona si sia venuta a trovare nonostante le vincite è, insomma, comunque quella di chi, avendo una disponibilità economica, l’ha dissipata giocando». E lo Stato non può permettersi «di alimentare la ludopatia in chi ancora ne soffre, ma anche di creare, in ogni caso, una rete di salvataggio che si risolverebbe in un deresponsabilizzante incentivo al gioco d’azzardo, i cui rischi risulterebbero comunque coperti dal beneficio statale del Reddito di cittadinanza».

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