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Ilaria Salis, cosa succede adesso: la candidatura, il rischio carcere e il pericolo degli arresti domiciliari per anni

ilaria salis candidatura aggressione video arresti domiciliari
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La prof di Monza potrebbe rimanere in galera anche se eletta a Strasburgo. Mentre con gli arresti domiciliari la sua pena potrebbe aumentare

La detenzione di Ilaria Salis in Ungheria potrebbe durare almeno un anno. Mentre la candidatura nelle liste del Partito Democratico potrebbe non bastarle a uscire dal carcere. Mentre per la legge ungherese la detenzione domiciliare vale un quinto di quella in prigione. E quindi, per assurdo, se condannata a 10 anni potrebbe doverne passare 50 ai domiciliari, scrive oggi Repubblica. E mentre il padre Roberto annuncia che vuole rivolgersi al Quirinale, la difesa della maestra valuta un ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo. Che però ha tempi lunghissimi. Mentre il ministro della Giustizia Carlo Nordio dice di essere vicino al padre di Ilaria ma ricorda anche che «la giurisdizione di un paese è sovrana. E le polemiche non aiutano».

Lo spettro della condanna

Il quotidiano di Maurizio Molinari fa sapere che il ministero della Giustizia ha deciso di non depositare alla fine il documento in cui offriva garanzie logistiche sugli arresti domiciliari in Italia. Forse sarebbero bastate al giudice Jozsef Sòs per non fargli decidere per il no alla detenzione a casa perché Salis è «pericolosa visti i suoi precedenti penali in Italia e il rischio fuga». Secondo la Farnesina il caso Salis potrebbe risolversi entro la fine del 2024. La prof di Monza sarà condannata perché «ci sono video chiarissimi» che mostrano le sue responsabilità. A quel punto, una volta arrivata la condanna, il governo punterebbe all’espulsione per fargliela scontare in Italia. Ma ci vorrà del tempo. E questo significa che Salis dovrebbe rimanere almeno un altro anno nelle carceri di Budapest.

Gli arresti domiciliari in Ungheria e il ricorso alla Cedu

Repubblica dice anche che nel sistema ungherese si prevede che la detenzione domiciliare valga un quinto di quella in carcere. E quindi, è il ragionamento, se Salis venisse condannata a 10 anni di carcere poi ne dovrebbe passare 50 ai domiciliari. Ma si tratta di ipotesi formulate per assurdo. La difesa farà ricorso nei confronti della decisione del giudice di negarle i domiciliari. Ma soprattutto, gli avvocati preparano un ricorso alla Cedu. Che dovrebbe però avere tempi lunghissimi per concludersi. La stessa strada è stata suggerita ieri all’esecutivo da alcuni esponenti del Partito Democratico. «L’Italia non può accettare che una propria concittadina venga abbandonata a un trattamento come quello riservato a Ilaria e non può accettare che l’arbitrio più assoluto decida della sua vita», ha detto ieri Sandra Zampa.

La candidatura

Sulla candidatura alle elezioni europee invece La Stampa oggi spiega che anche l’eventuale elezione non porterebbe alla sua liberazione automatica. Il quotidiano ricorda i casi di Toni Negri ed Enzo Tortora. Il giornalista era ai domiciliari quando fu candidato a Strasburgo dal Partito Radicale. Con l’elezione del 14 giugno 1984 ottenne il decreto di scarcerazione. A quel punto la procura di Napoli chiese al Parlamento Europeo l’autorizzazione al processo e all’arresto. E Strasburgo la negò. Negri invece fu candidato al parlamento nazionale. E non appena ottenne l’elezione approfittò dell’immunità parlamentare per scappare in Francia. Senza mai mettere piede alla Camera.

Il caso Junqueras

Per Salis in questo momento la strada sarebbe in discesa anche per una candidatura (ipotetica) al parlamento italiano, visto che è in attesa di giudizio e quindi la legge Severino non la tocca. Soltanto una condanna definitiva con pena accessoria della perdita dei diritti civili farebbe decadere i requisiti della candidatura, con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Ma ci sono precedenti non incoraggianti a livello europeo. Oriol Junqueras Vies, ex vicepresidente del governo autonomo della Catalogna, arrestato in Spagna dopo il referendum secessionista del 2017, fu eletto in Europa nel 2019. Ma la Cassazione spagnola gli negò il permesso di uscire dal carcere per prendere possesso del seggio. In questi anni Junqueras ha fatto tre ricorsi alla giustizia europea. Ma tutti sono ancora pendenti e il suo seggio è rimasto vacante per tutta la durata della legislatura.

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