Il tank di Benigni, il treno dei deportati, i giochi dei bisnonni. Ecco lo straordinario museo di Piana delle Orme vicino a Latina
Più che un museo tradizionale è un parco a tema, che racconta la storia e le tragedie del Novecento italiano. Trentamila metri quadrati a pochi km da Latina (Strada Migliara 43 e 1/2), è lì che nel 1997 è sorto il “Museo di Piana delle Orme”, che negli anni si è ingrandito fino ad arrivare agli attuali 16 padiglioni che lo compongono e a numerosi spazi verdi dove prosegue il museo a cielo aperto. Piana delle Orme raccoglie la straordinaria collezione messa insieme in decenni dal fondatore Mariano De Pasquale, imprenditore agricolo scomparso nel 2006. Ci sono mezzi militari della Seconda guerra mondiale (aerei, barche, carri armati, mitragliatrici e tanto altro), mezzi agricoli con cui è stata effettuata la bonifica della pianura Pontina, mezzi di trasporto di inizio Novecento, e i giocattoli dei nostri bisnonni, dalla fine dell’Ottocento in poi. Il tutto in mezzo a un’area verde straordinaria che intervalla fra un padiglione e gli altri corridoi verdi con reti di protezione dove scorrazzano animali di campagna: galli, galline di varie razze, cigni, oche, anatre, capre, pavoni fra gli altri.
Dai giocattoli d’epoca alle macchine agricole della bonifica
Il percorso inizia proprio dal museo dei giocattoli, in cui sono raccolti centinaia di pezzi unici grandi e piccoli di oltre un secolo fa. Dalle macchinine di latta ai soldatini alle bambole ai giochi classici dei giardinetti, con sezioni monotematiche dentro il padiglione. Ce ne è una dedicata esclusivamente ai carabinieri dall’inizio della loro storia. E c’è pure una barca a grandezza naturale che raccoglie i modellini di ogni natante costruito in legno all’epoca. Dopo quel padiglione ce ne sono molti legati alla storia della bonifica della pianura Pontina. E sono animati ciascuno al suo interno. Con statue di contadini, pulsanti per mettere in azione le macchine della bonifica come le trebbiatrici e tutti gli altri attrezzi agricoli. Ci sono anche i vagoni dei treni che portavano gli operai della bonifica a Littoria durante il fascismo, e con loro i passeggeri costruiti con manichini in cartonato o in legno. In qualche padiglione sono rappresentati anche le casette dei medici con l’infermeria e la distribuzione del chinino per combattere la malaria. In altri i primi villaggi costruiti per i contadini con le botteghe di quel tempo: una barberia attrezzata di punto, un panettiere, e così via. Nella collezione oltre a una serie impressionante di trattori anche i mezzi di trasporto pubblici e privati della prima metà del Novecento. Si può salire su un tram e sentirne la messa in moto e il rumore del viaggio.
Il carro armato de “La Vita è bella” e de “Il paziente inglese”
Fra una fila di padiglioni e l’altra un grande prato alberato espone aerei militari e perfino un treno degli anni ’40. Gli altri padiglioni sono dedicati tutti alla Seconda guerra mondiale. E qui la collezione di mezzi militari italiani, tedeschi, inglesi e americani è davvero impressionante. Il pezzo più famoso di tutta la collezione è un carro armato americano dell’epoca: è in fondo al primo padiglione di mezzi militari. Famoso perché è stato preso a prestito tante volte dall’industria cinematografica. È il carro armato della scena finale de “La vita è bella” di Roberto Benigni, ma è stato protagonista anche de “Il paziente inglese”, di “Malèna”, de “La guerra è finita” e di “Lavorare con lentezza”. Proseguendo nei padiglioni il museo mette in scena alcuni grandi battaglie. Uno spazio è interamente dedicato a quella di El Alamein con tanto di sabbia del deserto portata in mezzo ai soldati manichino e la storia di tutti i protagonisti. E quella che ha portato alla distruzione dell’Abbazia di Montecassino, con il sonoro che fa sentire i bombardamenti reali e il pavimento che trema come la terra fece quel giorno durante la battaglia. Uno spazio molto grande è dedicato anche allo sbarco di Anzio, anche grazie a un piccolo aereo militare emerso dalle acque decine di anni dopo e che ora si trova qui con la documentazione fotografica e scritta del suo recupero.
Il padiglione dei deportati con un’idea mutuata dallo Yad vaShem
Nei suoi primi anni di vita il Museo di Piana delle Orme non era segnato negli itinerari ufficiali né era ricordato nei siti istituzionali laziali. Fra Littoria, la bonifica della pianura Pontina con la documentazione fotografica che in più pannelli ritraeva Benito Mussolini con i contadini, la battaglia di El Alamein e anche non poche armi dell’esercito sabaudo-fascista era stato scambiato per un memoriale di nostalgici del Ventennio. Non è mai stato così, e i cimeli americani sono sempre stati di gran lunga superiori. Ma per evitare di essere confinati lì gli eredi del fondatore hanno allargato il museo dedicando un padiglione alla deportazione degli ebrei rastrellati nel ghetto di Roma. Hanno costruito una stazione, e portato lì un treno merci dei deportati. All’interno di un vagone le loro masserizie lì buttate con alle pareti tutti i nomi dei deportati e la copia di qualche biglietto gettato dalle fessure dei carri bestiame per avvisare i parenti della cattura. Mutuando l’idea dal Museo dell’Olocausto dello Yad vaShem di Gerusalemme una voce ripete in continuazione dall’altoparlante ciascuno di quei nomi. E in un altro vagone ecco dei manichini vestiti con la divise zebrate dei campi di concentramento nazisti, tutti con il volto mutuato dall’urlo di Edvard Munch.
Il mercatino alla fine, e il pic nic organizzato sul posto
Tutti i padiglioni sono circondati da un enorme parco e da un bosco di eucalipti, e un’intera area è utilizzata come museo all’aria aperta della Guardia di Finanza con i suoi mezzi di terra, di aria (aerei e un elicottero) e di mare utilizzati per le sue missioni. L’ultimo padiglione è una sorta di mercatino che in 1.700 metri quadrati espone e vende modernariato militare e civile. Ci sono pezzi autentici d’epoca (divise militari, elmetti e attrezzature) e si capisce dal prezzo. Ma ce ne sono anche fatti oggi a buon mercato. In vendita anche qualche gioco, attrezzi agricoli, accessori per il campeggio e per il fai da te e perfino mobili. All’uscita del mercatino si può trovare un punto ristoro che vende panini e ha un piccolo self service per mangiare qualcosa di caldo ai tavoli. All’esterno si trovano 60 tavoli e 16 gazebo con panche di legno in cui si può mangiare facendo pic nic con quello che ci si è portati dietro. Ci sono anche alcune griglie dove si può cuocere la carne chiedendo gli attrezzi e la carbonella al punto ristoro. Per prenotare un gazebo o un tavolo basta telefonare al numero del museo, +39 0773 258708. Il costo del biglietto è di 13 euro per gli adulti, 11 euro per chi ha più di 65 anni e 9,50 euro per i bambini fra 6 e 14 anni. Sotto i 6 anni l’ingresso è gratuito e sono previsti ulteriori sconti per gruppi e famiglie. Il museo è sempre aperto (anche i festivi, anche Pasqua, Pasquetta, il 25 aprile e il 1° maggio) dalle 9 alle 17 durante la settimana e dalle 9 alle 19 il sabato, la domenica e i festivi.
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