Ponte sullo Stretto, al via gli espropri. Ma i residenti: «Noi da qua non ce ne andiamo»
In attesa dell’approvazione del progetto definitivo, la società Stretto di Messina preme il piede sull’acceleratore per la costruzione del ponte tra Calabria e Sicilia. La priorità in questo momento è avviare il programma delle opere anticipate, ossia tutti quei lavori che precedono l’avvio dei cantieri. Nel concreto, si tratta di bonificare le aree dove potrebbero trovarsi ordigni bellici, effettuare indagini archeologiche, predisporre i campi base dei futuri cantieri. In vista di tutto ciò, oggi è stato pubblicato sui quotidiani nazionali e locali l’avviso di avvio delle procedure per l’esproprio delle aree interessate dalla realizzazione del Ponte sullo Stretto.
Lo sportello per gli esodati
Si tratta di circa 300 case in Sicilia e 150 in Calabria, che saranno demolite per liberare 3,7 milioni di metri quadri. Al di là delle aree occupate direttamente dal ponte, precisa La Stampa, ci sono da tenere in considerazione anche tutte le opere accessorie. Per esempio, i 20,3 chilometri di raccordi stradali e i 20,2 di raccordi ferroviari. Con i proprietari delle case che saranno demolite la società Stretto di Messina punta a raggiungere intese bonarie «nell’interesse di entrambe le parti». A partire dall’8 aprile, chi risiede su un terreno interessato dalle procedure di esproprio avrà 60 giorni di tempo per fare le proprie osservazioni. La società ha istituito infatti uno sportello di assistenza, a cui si può accedere previo appuntamento telefonico.
La battaglia legale
Nel frattempo, i cittadini della “Rete No Ponte” promettono battaglia. «Concorderemo le attività da portare avanti, sicuramente delle azioni legali congiunte per tutelare il territorio e per permettere a queste persone di restare nelle proprie abitazioni», spiega Daniele Ialacqua, uno dei membri del comitato. Gli esodati annunciano «sit-in giornalieri» davanti agli sportelli del Comune di Messina e promettono resistenza a oltranza. «Non me ne vado, nemmeno per idea», dice senza mezzi termini Mariolina De Francesco, che sarà espropriata della casa nella quale con marito e figlie ha vissuto per 23 anni. «Se la mia casa la dovessi cedere per un ospedale oncologico per i bambini, lo farei. Ma non per una cosa inutile come questa», aggiunge la donna.
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