Israele ritira le truppe di terra a Sud di Gaza. A Roma atteso il ministro degli esteri Israel Katz. Incontro con Tajani, Crosetto e Piantedosi
L’esercito israeliano ha ritirato tutte le truppe di terra combattenti dal sud della Striscia, dopo circa 4 mesi di forti combattimenti. Lo hanno riferito i media spiegando che solo la Brigata Nahal è rimasta sul posto con il compito di tenere in sicurezza il cosiddetto “Corridoio Netzarim” che attraversa la Striscia, lungo la costa dal confine nord, nei pressi del kibbutz Beeri, fino al sud. Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz è partito questa mattina verso Roma per una visita diplomatica. Con lui – ha fatto sapere il ministero – famiglie degli ostaggi. Katz incontrerà il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, il ministro della Difesa Guido Crosetto, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e i vertici della Comunità ebraica in Italia. Gli incontri «si concentreranno sugli sforzi per il rilascio degli ostaggi e preservare la legittimità internazionale per la continuazione della guerra a Gaza». Intanto gli Stati Uniti ribadiscono ancora i timori di un attacco significativo dell’Iran contro bersagli israeliani e americani entro la prossima settimana. Fonti Usa alla Cnn parlano di attacco «inevitabile» dopo l’azione su Damasco del primo aprile da parte di Tel Aviv. Per il presidente USA Joe Biden lo scenario peggiore è un attacco diretto contro Israele con il rischio di una rapida escalation in Medio Oriente.
L’analisi dello scrittore Keret: «Israele come un bus guidato da un irresponsabile»
«La preoccupazione è generale: Israele è su un autobus che viaggia da mesi con un autista irresponsabile. I soldati siedono in posti più rischiosi di altri: ma in pericolo c’è l’intero autobus. Chi guida l’autobus sta usando i soldati e i loro sacrifici per condurre l’autobus in un posto più sicuro? A me non pare», ha dichiarato a Repubblica lo scrittore israeliano Etgar Keret. «Andrò alle manifestazioni per chiedere le dimissioni del governo – aggiunge – Accanto a me ci saranno familiari degli ostaggi e riservisti appena tornati da Gaza. Facce diverse della società. Fra di noi c’è solidarietà, la stessa che c’è fra le diverse anime della società che in questo momento combattono in prima linea. Ma io so l’unità è solo di facciata: perché dietro c’è un vulcano di divisioni. C’è gente che parla di ricostruire insediamenti a Gaza, gente che è felice guardando la morte e la distruzione. Non ho mai pensato che potessero essere le minacce esterne a mettere a rischio Israele: né Hamas, né Hezbollah, né l’Iran. Ma il fanatismo e le divisioni». Nulla per lo scrittore è cambiato, anche dopo il 7 ottobre. «Abbiamo ancora Netanyahu al potere – spiega Keret – che parla di “vittoria definitiva”. Gallant che parla del rumore dei nostri carri armati sulla testa di Sinwar. Ma nessuno ha un piano per domani. La gente di Gaza paga un prezzo altissimo e lo paghiamo anche noi, con soldati morti, decine di migliaia di sfollati, ostaggi che muoiono. Siamo in mano a due estremismi – conclude – Quello di Hamas che non può accettare l’esistenza di Israele. E quello dell’estrema destra, che controlla il governo, e non può accettare nessuna forma di convivenza con i palestinesi».