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Omicidio Cerciello Rega, il processo di appello bis. Il pg della Corte d’Appello chiede 23 anni per Elder e Hjort

Gabriel Natale-Hjorth e Finnegan Lee Elder
Gabriel Natale-Hjorth e Finnegan Lee Elder
Lee Elder Finnegan e Gabriele Natale Hjorth sono accusati dell'omicidio del carabiniere, avvenuto nel luglio 2019

23 anni e 9 mesi di reclusione e 23 anni: queste le pene richieste dal pg della corte d’appello di Roma nei confronti, rispettivamente, di Lee Elder Finnegan e Gabriele Natale Hjort, i due californiani accusati dell’omicidio di Mario Cerciello Rega, il vicebrigadiere dei Carabinieri ucciso nel luglio 2019 nel quartiere romano di Prati. Oggi, 10 aprile, in un’aula gremita della Corte d’Assise d’Appello di Roma ha avuto luogo una nuova tappa della vicenda processuale legata al delitto. Erano presenti anche i due imputati, condannati in primo grado all’ergastolo. Ridotto in appello nel 2022 a 24 anni per Lee Elder Finnegan e 22 anni per e Gabriele Natale Hjort. Un’ulteriore svolta si era avuta dopo l’intervento della Cassazione, che aveva annullato con rinvio le pene comminate, disponendo un nuovo processo di secondo grado. E questo riporta a oggi, 10 aprile 2024, giorno in cui il procuratore generale ha pronunciato una requisitoria in cui ha ricostruito nel dettaglio la vicenda e formulato le sue richieste.

La ricostruzione

I due californiani si trovano in posizioni diverse, così come diversi erano i nodi che dovevano essere sciolti dopo l’intervento della Cassazione. Il procuratore generale ha chiarito il perché nella sua ricostruzione dei fatti. Cominciando da Elder, colui che arriva all’appuntamento con i carabinieri Cerciello Rega e Varriale «nascondendo nella felpa un coltello dalla lama lunga 18 cm». Proprio l’arma con la quale, secondo l’accusa, ucciderà il militare, mentre Natale era impegnato in un corpo a corpo con il suo collega Varriale. L’incontro era stato fissato perché i due giovani, truffati nel tentativo di acquistare della droga, avrebbero provato a rivalersi sull’intermediario, Sergio Brugiatelli, che aveva presentato loro i pusher. Chiedendogli, ha proseguito il pg, ottanta euro e un grammo di cocaina in cambio della restituzione del suo zaino, di cui si erano appropriati. Lo scambio sarebbe dovuto avvenire proprio nel luogo dove però si presentano i due carabinieri, che si erano messi d’accordo con Brugiatelli.

La risposta alla Suprema Corte

Per quanto riguarda Elder, un elemento andava chiarito per stabilire l’eventuale applicazione dell’aggravante della resistenza a pubblico ufficiale: il ragazzo aveva capito o no di trovarsi di fronte a due carabinieri? Secondo il pg di Roma, che ha accolto le sollecitazioni della Suprema Corte, «non ci sono elementi per stabilire che l’imputato conoscesse la parola ‘carabinieri’». Viene dunque ammessa l’ipotesi che non sia stato in grado di comprendere chi si trovava di fronte a causa di un limite linguistico. L’ulteriore rilievo sollevato nei confronti di Hjorth, ovvero il suo eventuale concorso nell’omicidio, è stato invece ritenuto «superabile»: «Lui sapeva che Elder aveva con sé un coltello da 18 centimetri, non si sottrae allo scontro con i due militari». Per giunta Hjorth, essendo italoamericano, «sa che i due sono carabinieri». Avrebbe inoltre detto all’amico, subito dopo la drammatica aggressione avvenuta a pochi passi da piazza Cavour, la seguente frase: «È abbastanza». Dunque, ha concluso il pg, il ragazzo «ha capito cosa sia successo. E lo ha inoltre aiutato a nascondere, una volta in albergo, il coltello».

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