Il silenzio delle società, l’assenza del progetto e i dubbi degli scienziati: tutto quello che non torna sul Ponte sullo Stretto
C’è una società che ha fatto la storia dell’ingegneristica dei ponti. È la Cowi, che nel suo portfolio, di recente, può vantare la collaborazione alla costruzione del ponte sullo Stretto dei Dardanelli – il Çanakkale Boğazı Köprüsü -, finito nel 2022: con una lunghezza pari a 2.023 metri di luce tra le due torri, è il più lungo ponte sospeso al mondo. Il ponte sullo Stretto di Messina, con la sua campata unica di circa 3.300 metri, è destinato a superare questo e altri record. E la Cowi è tra le aziende protagoniste della grande opera. Sul sito web del progettista danese, tuttavia, non c’è traccia del ponte che collegherà Sicilia e Calabria. Lo scrive il Fatto quotidiano, in un’inchiesta tesa a portare trasparenza sul fiore all’occhiello della propaganda di Matteo Salvini.
«Non ci fanno parlare con il responsabile del progetto»
Contattata, la Cowi tergiversa, non risponde alle domande e, solo dopo alcune insistenze, manda un virgolettato di Henrik Andersen, senior project director: «Non vediamo l’ora di completare la progettazione. Il ponte di Messina supererà tutti i limiti imposti dalle dimensioni dei ponti». Fine. «Al momento non abbiamo altri commenti da fare». Stessa riservatezza da Eurolink, il consorzio costituito per realizzare il progetto: «Non ci fanno parlare con il responsabile del progetto, né forniscono i nomi dei progettisti o chiariscono quando sono entrate alcune società», denuncia il Fatto.
Introvabile l’elenco completo dei progettisti
Il giornale tira in ballo il nome di Marco Orlandini, «il capo dell’ingegneria di Webuild, l’uomo che firma la “relazione del progettista” sul ponte». Il responsabile per legge del progetto, aggiornato a tutta velocità rispetto a quello del 2011. Anche il suo nome, per un’intervista, sarebbe stato schermato da Eurolink e Stretto di Messina spa. «Il Fatto avrebbe voluto chiedergli: “Garantisce che il ponte si può fare come da progetto?”». Anche un elenco completo dei progettisti risulta introvabile al quotidiano.
Le criticità notate dall’esperto
Intanto, su Linkedin, l’ingegnere Emanuele Codacci-Pisanelli, «esperto del settore», rimarca alcune criticità dell’opera: l’ultima «relazione porta in sé grandi novità. La prima è certamente quella di introdurre le deroghe ai vincoli normativi. Con buona pace di chi affermava il contrario, ora il treno che viaggia dritto ma è inclinato potrebbe farlo. La seconda è certamente quella che se finora le prove aeroelastiche su modello del progetto definitivo non sono state fatte non è importante. Sono riprogrammate sul solo esecutivo in data da destinarsi e, si badi bene, solo a Milano. Certamente apprezzabile è poi il greenwashing secondo cui l’acciaio dei cavi, che viene ridotto, consente di ridurre la CO2».
«In molti casi la relazione rimanda al progetto esecutivo, cosa che non ha alcun senso»
Sentito dal Fatto, l’ingegnere sintetizza che la relazione attuale è, in sostanza, il progetto del 2011 approvato a tempo record. L’aggiornamento, invece, altro non è che un elenco di impegni sulle modifiche da fare. «In molti casi si rimanda al progetto esecutivo, cosa che non ha alcun senso. Una delle più inconcepibili è lo studio sismico e aeroelastico senza prima definire le masse di impalcato. Se poi si considera che nella relazione di Orlandini vengono preannunciate variazioni di sezione di cavi e pendini, è impossibile solo pensare di poter sviluppare un serio modello di calcolo». A far riemergere i dubbi, tuttavia, non è solo l’ingegnere Codacci-Pisanelli.
Le 68 raccomandazioni del comitato scientifico
Lo stesso comitato scientifico nominato da Salvini lo scorso febbraio ha dato un parere favorevole al progetto, ma condizionato da «68 raccomandazioni»: materiali, carichi combinati, prove in galleria del vento, aggiornamenti sismici. «Si capisce che alcuni nodi rilevanti su deformabilità e percorribilità del ponte non sono stati ancora sciolti», scrive il Fatto. «La parola “prove” compare 63 volte in 57 pagine. Il ponte sorgerebbe su una delle aree più sismiche d’Europa, con forti turbolenze di venti e sarebbe 2,3 volte più esteso del ponte ferroviario più lungo al mondo».
Manca il progetto esecutivo, ma si accelera sugli espropri e i proclami
È proprio la fattibilità di adeguarsi a quelle 68 raccomandazioni che preoccupa gli esperti. Antonino Risitano, già preside della facoltà di Ingegneria di Catania, spiega: «La storia si ripete. Nel 2011, il comitato scientifico diede parere positivo con 13 prescrizioni, alcune a mio parere insormontabili. Ora dà 68 “raccomandazioni”. Alcune, se svolte in modo completo, impegnerebbero anni di campagne di prova e i risultati potrebbero contraddire la certezza sulla fattibilità dell’opera. Nel frattempo si corre ad avviare il cantiere». Altra dose di incertezza, al momento, la restituisce l’assenza del progetto esecutivo. Eppure già si corre a proclamare la data di partenza dei lavori, si avviano le procedure per gli espropri e si fanno promesse temporali che, in parte, sembrerebbero essere già state disattese.
Stretto di Messina Spa: «Iniziamo con un piano di opere anticipate»
«Il senso comune suggerirebbe che non si può procedere senza prima accertare oltre ogni ragionevole dubbio che il ponte si può fare come da progetto», scrive il giornale. Che riporta anche la spiegazione che Pietro Ciucci, alla guida di Stretto di Messina spa, ha dato a Rai Radio 1: «Ci sono 40 chilometri di strade intorno da fare e quindi la progettazione esecutiva potrà essere fatta per tranche, in modo da accelerare al massimo l’avvio dei lavori. Entro fine giugno, il Cipess, insieme al definitivo, approverà un piano di opere anticipate che potranno essere avviate ancor prima della progettazione esecutiva, già in estate».
«Che succede se il progetto esecutivo non dovesse essere approvato?»
Solo per creare il cantiere, la Stretto di Mesisna spa prevede che siano svolte 422 operazioni, tra cui la bonifica dei terreni, le indagini – di tipo archeologico, geotecnico, geognostico, tipografico e ambientale -, le demolizioni, gli allestimenti, le opere di compensazione ambientale. Opere che, stimate, da sole valgono quasi 700 milioni, al netto degli espropri. E che andranno a impattare in modo irreversibile sul territorio. Allora il Fatto pone questo interrogativo: «Che succede se, per assurdo, il progetto esecutivo – che andrà sottoposto di nuovo al comitato scientifico -, non dovesse essere approvato o richieda modifiche tali da essere antieconomiche?». Ciucci, replicando a un ascoltatore, ha dichiarato di non vedere motivi per cui non si debba procedere, «ma che nel caso a pagare i danni “sarebbe lo Stato”».
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