Diritto all’aborto nella Carta Ue, oggi il voto. Parla la promotrice Melchior: «La salute delle donne ancora ostaggio della politica»
Da Bruxelles – Nella mini-Plenaria di Bruxelles si vota la risoluzione per includere il diritto all’aborto sicuro e legale nella Carta fondamentale dell’Ue. Lo ha fatto la Francia il 4 marzo scorso, quando l’Assemblea nazionale a Parigi ha inserito il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza nella Costituzione francese. Ci riprova oggi, dopo il tentativo del 2022, il centro-sinistra al Parlamento europeo in vista delle Europee del 6-9 giugno. Il testo, che ribadisce come ogni persona «abbia diritto all’aborto sicuro e legale», è stato promosso dai liberali di Renew Europe, insieme a Socialisti e Democratici, Verdi e Sinistra. Non dovrebbe incontrare ostacoli nell’iter di approvazione, ma una tale modifica richiede l’accordo unanime da parte di tutti gli Stati membri quindi le possibilità che la risoluzione possa diventare realtà sono scarse. I Paesi dell’Unione contrari, a partire dall’Italia dove Papa Francesco ha ribadito nei giorni scorsi che «l’aborto non è un diritto», non sono affatto pochi. «Naturalmente, il processo non sarebbe immediato. Ma sancire questo diritto nella Carta sarebbe una pietra miliare significativa. Farebbe pressione sugli Stati membri affinché rivalutino le leggi restrittive e, in ultima analisi, porterebbe a un approccio più unificato e basato sui diritti all’accesso all’aborto in tutta l’Ue. Dobbiamo garantire che la salute delle donne non sia ostaggio di venti politici mutevoli», dice a Open Karen Melchior eurodeputata di Renew Europe, promotrice della risoluzione.
Oggi si deciderà se includere o meno il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Cosa risponde a chi sostiene che sia una risoluzione inutile?
«I diritti delle donne alla salute riproduttiva e alla possibilità di decidere del proprio corpo non sono tutelati in tutta Europa. Questo mette in pericolo la vita delle donne. Paesi come la Polonia e l’Ungheria hanno leggi molto restrittive; a Malta è ancora in vigore il divieto assoluto di aborto. Vietare l’interruzione volontaria di gravidanza significa vietare aborti sicuri. Inoltre, non possiamo raggiungere un’uguaglianza senza il diritto di prendere decisioni sul nostro corpo. Si tratta di un principio basilare della libertà individuale e dell’autonomia corporea. È un diritto fondamentale e dovrebbe essere incluso nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Ciò garantirebbe il diritto all’aborto sicuro e legale a ogni donna, indipendentemente dalle legge nazionali e sottolineerebbe l’importanza della salute e del benessere delle donne in un quadro più ampio di dignità, libertà e uguaglianza che l’Unione da sempre sostiene. Il messaggio è che, quindi, i diritti riproduttivi delle donne sono parte integrante dei principi fondamentali dell’Ue. La salute non dovrebbe essere una questione di diritti solo quando si tratta della salute degli uomini o del cancro, o del Covid».
Cosa cambia una volta che l’aborto viene incluso nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue per i singoli Stati membri?
«La Carta potrebbe essere un potente strumento per promuovere l’armonizzazione delle leggi sull’aborto nei vari Paesi membri. Dobbiamo abbandonare la situazione attuale in cui l’accesso varia notevolmente a seconda del luogo in cui si vive all’interno dell’Unione. Le donne meritano servizi di aborto sicuri e legali, indipendentemente dalla loro nazionalità o dal loro background socioeconomico. Naturalmente, il processo non sarebbe immediato. Ma sancire questo diritto nella Carta sarebbe una pietra miliare significativa. Farebbe pressione sugli Stati membri affinché rivalutino le leggi restrittive e, in ultima analisi, porterebbe a un approccio più unificato e basato sui diritti all’accesso all’aborto in tutta l’Ue».
Chi è contrario a questa proposta? E perché?
«Il Partito Popolare Europeo (Ppe), il Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR) e il Partito Identità e Democrazia (ID) sono contrari. Molti eurodeputati sono influenzati da gruppi religiosi estremisti, come Vox dalla Spagna o PIS dalla Polonia».
Nel mondo ci sono molte minacce al diritto all’aborto, a Malta, in Ungheria, ma anche in Italia dove non è mai stata garantita la piena attuazione della legge 194 sull’Ivg, Perché, secondo lei, nel 2024 ci sono ancora molti Stati dell’Ue che non vogliono garantire questo diritto?
«Perché i governi e i parlamentari sono ostaggio delle idee di una parte estrema della Chiesa cattolica e hanno paura di ascoltare, invece, una parte consistente della popolazione».
Se la base dell’aborto è il diritto fondamentale alla salute riproduttiva della donna, non dovrebbe essere svincolato dalle ideologie o dai colori mutevoli dei parlamenti nazionali e assurgere allo status di diritto umano?
«È proprio per questo che abbiamo insistito per la sua inclusione nella Carta: per garantire che la salute delle donne non sia ostaggio di venti politici mutevoli. Nel corso degli anni, abbiamo visto come alcuni partiti di estrema destra sfruttino i diritti delle donne come strumento politico per conquistare il potere. Consideriamo la Polonia, ad esempio. L’ascesa del partito PiS, con la sua influenza da parte di movimenti cattolici estremisti e inclinazioni di estrema destra, ha portato direttamente a un brutale inasprimento delle leggi sull’aborto nel 2020. Questa mossa ha indubbiamente rafforzato la loro base elettorale, ma è andata contro la maggioranza della popolazione polacca. Allo stesso modo, in Ungheria, il governo sempre più autoritario di Fidesz, allineato con l’estrema destra, ha sistematicamente limitato l’accesso all’aborto e tagliato i fondi per i servizi di salute riproduttiva. Queste azioni si allineano perfettamente alla loro agenda sociale conservatrice, rafforzando la loro presa sul potere».
Teme che una maggioranza diversa al prossimo Parlamento possa rallentare i progressi sui diritti civili?
«C’è una grande ma silenziosa maggioranza per i diritti civili. Ma dobbiamo diventare rumorosi, altrimenti le grida della minoranza cambieranno la natura del dibattito sui diritti civili, come abbiamo visto per i diritti delle donne e stiamo vedendo in questo momento per i diritti delle persone trans. Nel corso di questo mandato, abbiamo visto come i gruppi di destra abbiano tentato di minare i diritti delle donne all’aborto. Tuttavia, abbiamo anche imparato che si tratta di una battaglia lunga e difficile. E per quanto continuiamo ad affrontare le resistenze sul diritto all’aborto nell’Ue, ma anche negli Usa, non credo che le cose cambieranno così in fretta. Eppure, escludere o privare le donne dei loro diritti non sarà fortunatamente così semplice in Europa. L’essenza stessa dell’Ue è costruita sui diritti umani, e questo include il diritto all’aborto sicuro e legale. Noi di Renew e la maggioranza del Parlamento abbiamo sostenuto il diritto all’aborto più volte, nella relazione «Matic» e più recentemente nella relazione sulla revisione dei trattati dello scorso novembre, dove abbiamo chiesto con successo l’inclusione dei diritti all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Mentre a livello nazionale, la famiglia di RE deve portare avanti il “Patto Simone Veil” e garantire il pieno diritto all’assistenza sanitaria per l’aborto a tutte le donne europee, anche se si recano in un altro Stato membro dell’Ue per ottenerla. Dovremmo quindi chiedere agli Stati membri di essere più generosi di quanto richiesto dalla legislazione europea».
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