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Uno “scudo” contro la concorrenza sleale di Pechino: il piano Ue per liberare la transizione ecologica dai sussidi cinesi

«Non possiamo permetterci di vedere quello che è accaduto con i pannelli solari ripetersi anche per i veicoli elettrici, le pale eoliche o i microchip», ha detto la commissaria Vestager commentando la nuova indagine Ue sui sussidi cinesi

Si prospetta una guerra commerciale tra Washington, Bruxelles e Pechino sui settori chiave della transizione ecologica. Nei mesi scorsi la Commissione europea ha alzato il livello dello scontro, con Margrethe Vestager, vice di Ursula von der Leyen, che ha accusato il governo cinese di «mettere a repentaglio la sicurezza economica» del Vecchio Continente con la sua politica sulle esportazioni. Dopo i dazi sui pannelli solari e l’istruttoria sulle auto elettriche, l’esecutivo Ue ha avviato nei giorni scorsi una nuova indagine che mette nel mirino i maxi-sussidi cinesi elargiti ad alcuni produttori di turbine eoliche. Dal palco dell’Università di Princeton, Vestager ha descritto la Cina non come un partner dell’Unione europea ma come un «concorrente economico» e un «rivale sistemico».

La «difesa sistematica» contro i sussidi cinesi

L’indagine Ue sui sussidi cinesi ai produttori di auto elettriche è stata avviata nell’ottobre del 2023 e dovrebbe concludersi a luglio di quest’anno, con la Commissione europea che si è detta pronta a «imporre rimedi», che potrebbero passare dall’adozione di dazi commerciali. Al di là delle singole indagini, Vestager ha auspicato l’adozione di una «difesa sistematica» da parte di Bruxelles nei confronti delle aziende europee danneggiate dai comportamenti scorretti di Pechino. «Non possiamo permetterci di vedere quello che è accaduto con i pannelli solari ripetersi anche per i veicoli elettrici, le pale eoliche o i microchip», ha attaccato la commissaria europea dagli Stati Uniti. Il riferimento è al totale squilibrio di mercato che si è creato nella filiera degli impianti fotovoltaici, controllata in larghissima parte proprio dal Paese asiatico. Basti pensare, ha sottolineato Vestager, che «meno del 3% dei pannelli solari installati in Europa è prodotto dentro i nostri confini». Ciò che Bruxelles sta cercando di evitare a tutti i costi è che la stessa situazione si ripeta anche in altri settori chiave della transizione ecologica, a partire proprio dalle auto elettriche e dalle turbine eoliche.

La sponda americana

Le parole pronunciate da Vestager sembrano ricalcare in qualche modo le dichiarazioni della segretaria al Tesoro americana, Janet Yellen, che nei giorni scorsi si è recata in Cina. Il sostegno pubblico, diretto e indiretto, del governo di Pechino alle proprie aziende «sta portando a una capacità produttiva che supera significativamente le domanda interna» e rappresenta «un rischio per la resilienza economica globale», ha avvertito la segretaria al Tesoro. Yellen ha quindi auspicato il raggiungimento di «una sana relazione economica» tra Pechino e Washington, ma ha anche chiesto al governo cinese di «garantire condizioni di parità per le imprese e i lavoratori di entrambi i Paesi».

La risposta di Pechino

Wang Wentao, ministro cinese del Commercio, ha respinto ogni accusa, precisando che il vantaggio di Pechino nel settore dei veicoli elettrici non è dovuto alla sovraccapacità produttiva ma al «rapido sviluppo del settore, che è frutto dell’innovazione, dell’efficienza industriale e della supply chain». Per quanto riguarda le indagini sui sussidi avviate dall’Unione europea, Pechino parla di un ostacolo alla «cooperazione reciprocamente vantaggiosa» tra i due Paesi ma anche agli sforzi globali contro il cambiamento climatico. «Credo che il mondo esterno sia preoccupato per le crescenti tendenze delle politiche protezionistiche dell’Ue e la Cina è fortemente preoccupata dalle misure discriminatorie prese dalla parte europea contro le aziende cinesi e perfino contro l’intero settore industriale», ha poi aggiunto Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri.

Tutti i numeri sui maxi-sussidi cinesi

A fare luce sul fenomeno degli aiuti di Stato erogati dalla Cina è un report del Kiel Institute pubblicato nei giorni scorsi. Secondo l’istituto tedesco, i sussidi pubblici erogati da Pechino sono da tre a nove volte superiori rispetto a quelli di altri Paesi Ocse come Stati Uniti e Germania. Tra il 2018 e il 2022, per esempio, il colosso dell’automotive Byd ha potuto contare su almeno 3,4 miliardi di euro di sussidi pubblici diretti, a cui si aggiungono gli incentivi all’acquisto di nuove auto vetture (1,6 miliardi solo nel 2022). Secondo il Kiel Institute, «il 99% delle società cinesi quotate in Borsa ha ricevuto sovvenzioni governative dirette nel 2022». Soldi che servono per far progredire la ricerca nelle tecnologie chiave della transizione ecologica, ma anche per accedere in via prioritaria alle materie prime o ad alcuni appalti pubblici. Secondo gli industriali europei, la Cina ha costruito il proprio dominio su prezzi tenuti bassi proprio grazie ai poderosi aiuti di Stato. Il rapporto del Kiel Institute mette però in guardia da reazioni troppo aggressive da parte dell’Unione europea. Senza le tecnologie importate dalla Cina, avverte l’istituto tedesco, i prodotti chiave della transizione ecologica avviata da Bruxelles diventerebbero più costosi e più scarsi.

In copertina: La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al summit EU-China del 1° aprile 2022 a Bruxelles (EPA/Olivier Hoslet)

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