Femminicidio Scialdone, l’ex in aula: «Quel giorno siamo morti in due, sono un cadavere vivente»
Costantino Bonaiuti è imputato per aver sparato e ucciso nel gennaio del 2023 l’ex compagna, Martina Scialdone, fuori da un ristorante in via Amelia al Tuscolano a Roma. Oggi, durante il processo, l’ingegnere di 61anni ha dichiarato in aula: «Prego ogni giorno che Martina sia in paradiso, continuo a vederla, quel giorno siamo morti in due, io sono un cadavere vivente e ogni giorno chiedo a Gesù di portarmi via». Dichiarazioni spontanee le sue, mentre sfilano oggi diversi testimoni (il fratello di lei e il cuoco del ristorante) che raccontano i momenti in cui l’uomo ha aperto il fuoco contro l’avvocatessa. Bonaiuti è accusato di omicidio volontario aggravato dai motivi futili e abietti, dall’aver agito contro una persona a lui legata sentimentalmente, con l’aggravante della premeditazione. L’uomo si presentò all’appuntamento con la vittima munito di pistola e prima di ucciderla aveva installato da tempo un dispositivo gps, in modo clandestino, collegandolo al suo cellulare.
L’appello al fratello di lei: «So quello che stai passando, anche io ho perso due sorelle»
Davanti ai giudici della Corte d’Assise di Appello, l’imputato si è poi rivolto a Lorenzo Scialdone, fratello della vittima presente in aula: «So quanto stai soffrendo, Martina era profondamente attaccata a te so quello che provi, anche io ho perso due sorelle, io però a differenza di Martina posso vedere la mia famiglia, lei invece non più». Nel corso dell’udienza è stato ascoltato anche il fratello dell’avvocatessa. «Quando sono arrivato ho provato ad allontanare Bonaiuti da lei. Ho visto la pistola e subito ho sentito lo sparo. Ricordo Bonaiuti che aveva pistola e con le braccia tese ha sparato da un metro al petto di Martina: ho visto la macchia di sangue espandersi su maglioncino bianco di mia sorella».
Quel ghigno dopo lo sparo
Tra le testimonianze del processo oggi ha deposto il cuoco del locale, presente al momento del delitto perché stava fumando una sigaretta all’esterno del ristorante. L’avvocato Mario Scialla, legale della madre e del fratello di Martina Scialdone, ha ricordato all’Adnkronos la sua testimonianza. «Ha riferito un particolare agghiacciante: il ghigno dell’imputato dopo aver sparato. Questo con buona pace di ogni ipotesi di un delitto accidentale o di impeto». Una delle tesi portata avanti dall’imputato è che lui abbia voluto inscenare il suo suicidio, creando pietà nei confronti della ex 34enne e che il colpo contro di lei sia quindi partito per sbaglio.
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