«Help» sulla sabbia con le foglie di palma: salvi dopo 9 giorni i naufraghi di un atollo deserto in Micronesia
Salvi grazie alle fronde delle palme, disposte sulla sabbia a comporre quattro lettere per essere viste dall’alto. La richiesta è semplice: «Help». Così tre pescatori sono stati individuati e recuperati in un atollo in Micronesia, dopo essere naufragati sulle spiagge di Pikelot, nello Stato di Yap. I tre marinai erano partiti dal loro atollo di Polowat il 31 marzo, con l’intenzione di compiere una battuta di pesca intorno all’area di Pikelot. Giunti sul posto però, i tre marinai esperti, di circa 40 anni, sono stati sorpresi dalle onde alte e dal mare mosso, che ha messo in difficoltà la loro imbarcazione danneggiando il motore. I naufraghi sono riusciti a raggiungere a nuoto le bianche spiagge della piccola Pikelot, un isolotto disabitato di poco più di 12 ettari. Senza radio e senza altro modo di comunicare la loro posizione al mondo esterno, hanno così deciso di stendere le foglie di palma sulla sabbia, formando le grandi lettere con la richiesta di aiuto, sperando di essere avvistati da lontano. Così è stato, dopo oltre una settimana. In quei giorni, nove in tutto, i naufraghi hanno mangiato cocco e bevuto l’acqua dolce di un pozzo, realizzato dai pescatori che saltuariamente frequentano l’isola.
La parentela con il soccorritore e il precedente
Il 6 aprile, il parente di uno di loro ha lanciato l’allarme, contattando i soccorritori di Guam, territorio non incorporato degli Stati Uniti. «L’isola di Pikelot fa parte degli Stati Federati di Micronesia, una nazione del Pacifico tra le Filippine e le Hawaii composta da oltre 600 isole sparse su circa 2,5 milioni di chilometri quadrati di oceano», ricorda la Cnn occupandosi del caso, per evidenziare le difficoltà delle operazioni di ricerca. Il giorno seguente sono stati avvistati dalla Marina statunitense, proprio grazie al messaggio, e dall’alto sono stati consegnati loro alcuni kit di sopravvivenza. L’operazione di recupero vera e propria è stata finalizzata il 9 aprile, quando una lancia della Guardia costiera ha raggiunto l’isola. Ma le sorprese non erano ancora finite. Uno dei soccorritori parlava la stessa lingua dei naufraghi e, presentandosi, ha scoperto di essere parente di uno dei tre marinai. Non solo. Nel 2020, ad agosto, un incidente simile aveva coinvolto altri tre pescatori, che rimasero su Pikelot tre giorni. Anche in quel caso, pensarono – correttamente – che un messaggio visibile dall’alto avrebbe potuto aiutarli. E così fecero. In quella occasione però furono più scaltri, “scrivendo” sulla sabbia solo tre lettere, universali: «Sos».