Esplosione alla centrale di Suviana, il testimone: «Un rumore strano, poi lo scoppio. Ho gridato “Via, via tutti, fuori”»
«L’alternatore faceva un rumore un po’ anomalo. All’inizio non gli ho dato peso. Poi è andato fuori giri». Nelle parole di un testimone arrivano elementi che possono avvicinarci alla verità sull’esplosione alla centrale di Bargi sul lago di Suviana. Il dipendente di Enel Green Power Emanuele Santi era lì quando si è verificata la strage dei sette operatori. E anche lui, come altri, parla dell’alternatore e dello «strano rumore» prima dello scoppio. E potrebbe anche spiegare perché alcuni cadaveri avevano ferite sulla schiena: «Sono morti scappando». Intanto l’acquisizione della scatola nera dell’impianto può dare una svolta alle indagini. Che per ora si concentrano su tre ipotesi per spiegare l’esplosione. Ovvero il guasto meccanico, il problema elettrico e l’errore umano».
«Via, via tutti, fuori!»
Emanuele racconta la sua verità al Corriere della Sera. Spiega che quando è arrivato alla centrale di Suviana i 15 operai della squadra di manutenzione che comprendeva lavoratori di Siemens, Abb e Voith era già al lavoro. «Ho l’abitudine di scendere per salutarli tutti. A volte porto anche il caffè», dice. «Così sono sceso mentre stavano facendo il collaudo. Ho sentito l’alternatore che faceva questo rumore un po’ anomalo. All’inizio non gli ho dato troppo peso», aggiunge. Senza parlare di strani odori provenienti dall’impianto. Quelli sentiti dagli studenti delle scuole medie in gita in zona. E nel frattempo smentiti da un loro professore. Santi invece parla di un rumore «assurdo», come se qualcuno stesse «scuotendo» la macchina. E di un «fuori giri» che «diventava sempre più forte, non si fermava più». Poi, il dramma: «Quando ho capito ho cominciato a gridare: “Via, via tutti, fuori!”. E sono scappato su».
Il piano -8
A quel punto, ricorda, è scoppiato tutto. Tutti morti i lavoratori che si trovavano vicino al luogo dell’esplosione. Stessa sorte per chi era vicino alla turbina. Gli altri, feriti, ustionati e intossicati. Sono riusciti a raggiungere l’uscita e a salvarsi. Intanto Franco Cespa, responsabile dei lavori alla centrale di Bargi, dice a La Stampa che la parte della macchina che si è rotta npn è mai stata toccata dai loro lavori. «Nessuno è intervenuto sul generatore. Le uniche lavorazioni fatte sono state la sostituzione dei tubi di raffreddamento. Ed è stata aggiunta qualche protezione in più. Da quando è nata, la macchina è rimasta così com’è. Salvo le revisioni periodiche».
Corto circuito
Cespa spiega che prima dello scoppio «i colleghi mi hanno detto di aver sentito un rumore forte, poi esplosioni e fiamme. Credo ci sia stato un corto circuito interno alla macchina. Può essere che si sia spaccato un cuscinetto dell’albero e i poli abbiano toccato le bobine del generatore, causando un corto circuito. Le prove erano tra i 120 e i 130 megawatt. Questo ha causato una detonazione importante». Altri elementi potrebbero arrivare dalla cosiddetta scatola nera dell’impianto. Ovvero il sistema Scada di supervisione e controllo. La procura ora disporrà una perizia informatica. Mentre nei prossimi giorni arriverà il sequestro delle pratiche relative ad appalti e subappalti. In tutto le società impegnate a Bargi sono sei. Per le verifiche del rispetto dei protocolli di sicurezza.
Tre ipotesi
Intanto sono tre le ipotesi che potrebbero spiegare cosa è successo alla centrale di Suviana. La prima è quella del guasto meccanico. Un componente difettoso potrebbe aver provocato il disallineamento tra alternatore e turbina. Provocando a cascata un problema elettrico. Oppure potrebbe essere successo il contrario. Ovvero che un guasto all’impianto elettrico ha causato un guasto meccanico. Infine c’è l’ipotesi dell’errore umano. Uno potrebbe essere la mancata attivazione dei sistemi di sicurezza scollegati durante i lavori. Mentre l’odore acre sentito da alcuni testimoni potrebbe essere stato causato dall’olio di raffreddamento che ha preso fuoco. Oppure dall’attrito tra le parti meccaniche.
La turbina e l’olio lubrificante
In questa prospettiva, spiega Il Messaggero, potrebbe essere stata la turbina a surriscaldare gli olii. Il macchinario si trova al piano -9. L’alternatore era al -8. Per consentire il movimento rotatorio della turbina ci sono dei cuscinetti che contengono dell’olio lubrificante. Ogni cuscinetto ne contiene circa tremila litri. E proprio quel materiale potrebbe aver fatto da innesco. La turbina va fuori giri, l’olio si surriscalda, la turbina va in pezzi e provoca scintille che danno fuoco al lubrificante. «L’alternatore stava generando energia elettrica come avviene durante il funzionamento, si tratta di prove tecniche che si eseguono su vari parametri. Non vi erano condizioni eccezionali, era un test standard, nulla di anomalo. Ci possono essere vari tipi di cause all’origine dell’incidente, ci dobbiamo ragionare, è difficile ora dare risposte», fa sapere l’amministratore delegato di Enel Green Power Salvatore Bernabei.
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