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Cento missili cruise, asset militari e droni: «Così l’Iran si prepara all’attacco imminente contro Israele»

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L'aumento dei movimenti militari. La vendetta per il colpo contro l'ambasciata a Damasco. E il rischio di alleati in campo

Cento missili a traiettoria variabile pronti a colpire. E gli altri asset militari in movimento. Tra cui droni e missili cruise. Gli Stati Uniti hanno registrato un aumento dei movimenti militari all’interno dell’Iran. In vista di un attacco a Israele. Per vendicare il colpo contro l’ambasciata a Damasco, che ha portato la morte di due alti rappresentanti della guardia rivoluzionaria islamica. L’obiettivo degli attacchi sono «molteplici obiettivi all’interno di Israele». E il rischio è che nell’operazione «possano essere coinvolti alleati di Teheran. Le dichiarazioni alla Cnn di una fonte vicina all’intelligence Usa fanno crescere la tensione in Medio Oriente e nel mondo per l’attacco «imminente» di Teheran. Mentre il presidente degli Stati Uniti Joe Biden chiede all’Iran di fermarsi.

Washington, l’intelligence e l’allarme

Secondo i funzionari dell’intelligence Usa l’attacco potrebbe avvenire entro una settimana. Non è chiaro se dal territorio dell’Iran. «La minaccia è molto chiara e credibile», ha detto una delle fonti. «Hanno preparato le basi per condurre l’attacco adesso. Aspettavano solo il momento giusto». Gli Stati Uniti hanno diverse forze militari in Medio Oriente. Ma è probabile che l’Iran non le prenda di mira per non scatenare vendette. Il Corriere della Sera spiega che gli scenari possibili sono quattro. Il primo è un’azione massiccia con droni-kamikaze e missili a lungo raggio concentrata sui siti militari. Come le basi sul monte Meron al confine con il Libano. Oppure le postazioni sulle alture del Golan. L’incursione a sciame servirebbe in questa prospettiva per superare lo scudo antiaereo israeliano.

L’attacco mirato

La seconda tesi è un attacco mirato con missili terra-terra. Circoscritto come quello di gennaio contro una presunta installazione del Mossad a Erbil in Kurdistan o a Idlib in Siria, dove sono state colpite postazioni dell’Isis e in Pakistan. La terza tesi prevede un’invasione di milizie. Impegnando gruppi iracheni, siriani, libanesi, palestinesi, afghani e yemeniti come gli Houthi. L’ultimo scenario invece è l’attacco a una sede diplomatica dello Stato ebraico. Nel frattempo molti paesi hanno sconsigliato ai loro cittadini di viaggiare nella regione. E gli Stato Uniti inviano rinforzi nella zona. Compresa la portaerei Eisenhower che – secondo i media israeliani – farebbe rotta verso il nord del Mar Rosso.

La riunione di Israele

Intanto il premier Netanyahu convoca una riunione di «valutazione della sicurezza» a poche ore dall’inizio del riposo sabbatico. Attorno allo stesso tavolo il ministro della difesa Yoav Gallant, quello nel Gabinetto di guerra Benny Gantz e i vertici militari, a cominciare dal capo di stato maggiore Herzi Halevi. «La vendetta arriverà al momento giusto», avevano detto da Teheran dopo l’attacco all’ambasciata.

Foto copertina da: New York Times

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