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I 2.000 militari italiani nella «zona rossa». Dal Libano all’Iraq, fino al mar Rosso: tra minacce dirette e rischio incidenti

14 Aprile 2024 - 07:54 Ugo Milano
I contingenti italiani sono impiegati in missioni Onu, nella lotta al terrorismo e nella protezione delle rotte commerciali

Navi schierate a protezione delle rotte commerciali, soldati impegnati in missioni delle Nazioni Unite, squadre specializzate nella lotto al terrorismo. Dispiegate in Medio Oriente, lungo una linea immaginaria di oltre 1.500 chilometri che dal Libano arriva fino alla Penisola Arabica, senza trascurare il personale di bordo che vigila nel Mar Rosso, nella regione l’Italia impiega circa 2.000 militari impegnati in numerose e diverse operazioni e che adesso, con l’escalation del conflitto tra Iran e Israele, si trovano in una «zona rossa» che infiamma tutta l’aerea. E se l’attacco notturno allo Stato ebraico con centinaia di munizioni, in “risposta” al raid dell’1 aprile sul consolato iraniano di Damasco attribuito a Tel Aviv, ha coinvolto anche Libano, Siria e Iraq, è chiaro come sia pericolosa la presenza nella regione. Sopratutto per un Paese come il nostro, che è vicino alle zone del fronte ma anche alle basi militari statunitensi, considerati obiettivi militari sensibili. Come quando Teheran si vendicò dell’assassinio del generale Qasem Soleimani nel 2020 in un raid colpendo con centinaia di missili le basi Usa in territorio iracheno, con gli italiani che dovettero evacuare Baghdad. Per questo i diversi contingenti che, a vario titolo, sono presenti in Medio Oriente, in queste ore hanno preparato i bunker, ripassato i piani di emergenza e rivisto i sistemi di prevenzione. Per calibrare la risposta in caso di attacco diretto o di incidente, che in una situazione di alto rischio come questa diventano più probabili.

Le missioni italiane in Medio Oriente

L’Italia è vicina, vicinissima al fronte caldo del conflitto in Libano, impegnato da mesi in un conflitto a bassa intensità con lancio di missili contro Israele di sponda ad Hamas. Sono circa 1.400 i militari italiani che presidiano la Blue Line e addestrano le forze armate libanesi, con personale ingaggiato con il contingente di Unifil (l’operazione delle Nazioni Unite) e della missione bilaterale Mibil. Sempe in risposta all’offensiva di terra di Israele sulla Striscia, i ribelli yemeniti Houthi da mesi minacciano le rotte comerciali del Mar Rosso. Nell’area l’Italia è presente con due navi, il Caio Duilio e il Federico Martinengo, che vigilano sullo stretto di Bab el Mandeb e Aden, con centinaia di personale imbarcato e di stanza in Gibuti. Ma Roma guida anche la missione Aspides e l’operazione Atalanta contro la pirateria, con un ruolo di comando in un punto di frizione tra i più caldi del conflitto largo. C’è poi l’Iraq. L’Italia è attiva nell’operazione Prima Parthica, con 300 militari impegnati nell’ITNCC “Land” e altri 430 nella ITNCC “Air”. Un altro contingente, fino a 280 unità, fa parte della Nato Mission Iraq. Con queste missioni le nostre forze armate sono dispiegate da Erbil, nel Kurdistan iracheno, fino al Kuwait, passando per Baghdad. Proprio in questa aerea, impegnati in missioni di contro-terrorismo, le forze tricolori sono fianco a fianco delle basi Usa e del loro personale. E con caccia e sistemi antiaerei monitorano i cieli nei quali transitano i missili in partenza dall’Iran.

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