Il sogno infranto di Michel Ivo Ceresoli, arrivato in Italia alla ricerca del padre: «È morto da anni. Ora cercherò mio zio»
«È tutto vero, purtroppo mio padre non c’è più». È abbattuto Michel Ceresoli, il 34enne, a tutti gli effetti italiano, arrivato a Lampedusa dopo un viaggio coi trafficanti per cercare lavoro in Italia e per rivedere il padre di origine modenese. «Mi è stato negato il privilegio di venire in Italia. Invece, avrei avuto la possibilità di incontrare mio padre ancora in vita», confida al Corriere della Sera. Per raggiungere Lampedusa, dopo 9 mesi di odissea, il giovane – nato e cresciuto in Guinea – si è dovuto affidare ai trafficanti, nonostante fosse un cittadino italiano. «Mio padre, originario del Modenese – dice Michel – è stato in Guinea dal 1990 al 1996. E poi è partito per il Burundi e l’Uganda. Da quel momento non abbiamo avuto più contatti con lui. Dieci anni dopo, nel 2006, abbiamo provato a venire in Italia, io e mio fratello minore, ma per mancanza di mezzi e per l’assenza dell’ambasciata italiana, non ci siamo riusciti», racconta. Ha subito «umiliazioni su umiliazioni», dice. Prima con il padre e il riconoscimento negato della paternità ufficiale. Poi con le autorità italiane e, infine, con quelle locali. «Nel nostro Paese era meglio morire che restare un giorno in più. Così ho deciso di usare i soldi risparmiati per prendere la via del mare», sottolinea. Ma nella giornata di oggi, domenica 14 aprile, gli hanno detto che suo padre non è più in vita. «Mi fido di queste persone che me l’hanno detto – dice Michel – mi tocca profondamente, sembra che abbia un fratello che voglio vedere e conoscere e soprattutto ho molta voglia di andare a vedere dove è sepolto mio padre». Il sogno di reincontrare il padre per chiedergli perché lo avesse abbandonato si è, così, purtroppo infranto. Ma in tutta questa tragica vicenda, un desiderio, Michel, è riuscito a realizzarlo: da pochi giorni il 34enne è infatti riuscito ad ottenere la carta d’identità che attesta la sua «nazionalità italiana». Purtroppo, però, sempre troppo tardi.
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