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Lo stress test, l’alternatore alla massima potenza: cosa non ha funzionato nella centrale di Suviana

14 Aprile 2024 - 08:33 Ugo Milano
La squadra di tecnici stava effettuando un collaudo nell'impianto di Bargi: i due più anziani hanno provato fino all'ultimo a scongiurare l'esplosione

Prima che i consulenti riusciranno a estrarre e decifrare i dati dalla scatola nera della centrale di Bargi, il sistema Scada di supervisione e controllo, ci vorrà ancora del tempo. Necessario a capire cosa sia accaduto nell’impianto del bacino di Suviana il 9 aprile scorso, quando 7 operai hanno perso la vita e 8 sono rimasti feriti, cinque dei quali in condizioni gravi o gravissime. Ciò che sta emergendo in queste ore, e che verrà investigato dalla Procura di Bologna che indaga per omicidio e disastro colposi, è che nella centrale idroelettrica fosse in corso un collaudo. Uno dei numerosi test necessari durante i lavori di ammodernamento tecnologico che erano cominciati nel 2022 e che erano arrivati alla fase finale. Qualcosa è andato storto, probabilmente nell’alternatore, come hanno riferito alcuni testimoni che erano presenti al momento della esplosione e che hanno parlato di uno «strano rumore» prima dello scoppio. Alcuni dei lavoratori rimasti uccisi nell’incidente avevano ferite sulla schiena: l’ipotesi è che sia stato lanciato un allarme dai tecnici pochi attimi prima dello scoppio. Due di loro, Vincenzo Garzillo e Mario Pisani, i più anziani di 68 e 73 anni, hanno allontanato i colleghi e provato in tutti i modi a evitare l’esplosione, rimanendo al loro posto.

Lo stress test

Oltre allo Scada, informazioni utili potrebbero arrivare dai Plc (Programmable logic controller), dispositivi computerizzati per monitorare macchine e processi di produzione in ambienti industriali. I tecnici erano impegnati in uno stress test, che come consuetudine avviene portando le macchine alla massima potenza. Con i Plc, ricorda la Repubblica, gli esperti di quesa fase stavano monitorando anche le vibrazioni: se l’esplosione non ha distrutto gli apparecchi, potrebbero aver tenuto traccia dell’andamento del collaudo, restituendo una fotografia di quanto accaduto. Sebbene non vi sia ancora una conferma ufficiale, come spiega il Corriere della Sera, pare che i test fossero stati già eseguiti sul sistema meccanico (vibrazioni, rumori, temperatura dei cuscinetti, etc.), e in mattinata su quello elettrico. Intorno all’ora dell’incidente, erano in corso quelli sul collegamento con la rete elettrica. In questa fase viene progressivamente fatta aumentare la portata dell’acqua nell’impianto. «Più acqua entra più cresce l’energia immessa nel gruppo di produzione e quindi quella immessa nella rete. Fino al punto limite», spiega il Corriere. In quale momento si sia verificato il malfunzionamento che ha portato allo scoppio, non è ancora chiaro. Ulteriori risposte utili alle indagini potrebbero riemergere dai piani -10, -9 e -8, che sono ancora allagati e sui quali personale specializzato ed Enel stanno lavorando a pieno regime per svuotarli con le idrovore.

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