Israele prepara la rappresaglia contro l’Iran. Netanyahu: «Teheran dovrà aspettare nervosamente senza sapere come e quando»
Israele risponderà all’attacco con centinaia di droni e missili lanciato sabato notte dall’Iran. Lo ha detto oggi a chiare lettere il capo di stato maggiore dell’esercito dello Stato ebraico Herzi Halevi. Parlando dalla base militare di Nevatim, nel sud del Paese, colpita da cinque ordigni meno di 48 ore fa, Halevi ha detto che l’esercito «sta valutando i prossimi passi» e che «il lancio di così tanti missili da crociera e droni sul territorio israeliano troverà risposta». Come, dove e quando, sono dettagli lasciati tuttavia non per caso nel vago. Il gabinetto di guerra del Paese, presieduto da Benjamin Netanyahu, è tornato a riunirsi oggi dopo i lunghi conciliaboli di domenica e insistenti indiscrezioni indicano che la linea che starebbe prevalendo ai vertici politico-militari è quella di lanciare presto una rappresaglia contro il regime degli Ayatollah. Il Canale 12 israeliano riferisce che il consesso ha preso la decisione di colpire «chiaramente e fortemente» l’Iran per mandare il messaggio inequivocabile che lo Stato ebraico «non permetterà che un attacco di tali dimensioni contro di esso passi senza reazione». Ma di nuovo, nulla viene fatto trapelare su tempi e modi dell’evocato contrattacco. Nessuna conferma (né smentita) all’indiscrezione della Nbc secondo cui la rappresaglia sarebbe «imminente». Netanyahu stesso anzi stasera ha confuso le carte, dichiarando che l’Iran «dovrà aspettare nervosamente senza sapere quando potrebbe arrivare l’attacco,
proprio come ha fatto fare a Israele». Lo Stato ebraico, ha poi aggiunto il premier a una riunione dei ministri del Likud, «risponderà all’attacco dell’Iran, ma lo farà in maniera saggia e non di pancia».
Formula magica per evitare l’escalation?
Al di là degli annunci e dei messaggi cifrati, il governo israeliano deve trovare la sintesi tra due forze divergenti: da un lato la necessità, ampiamente condivisa nell’establishment politico-militare interno, di dare una risposta inequivocabile all’affronto dell’Iran per non far passare l’idea che un attacco su larga scala con centinaia di droni e missili verso il territorio del Paese possa passare sotto silenzio. Dall’altro le pressioni straordinarie degli alleati, a partire dagli Usa, ad astenersi da azioni che possono mandare ulteriormente «a fuoco» a regione, con esiti imprevedibili. «Accontentatevi della vittoria» strategica (il 99% di droni e missili intercettati) della notte tra sabato e domenica, ha detto esplicitamente a Netanyahu Joe Biden. E anche stasera la Casa Bianca ha fatto sentire tutta la pressione del caso. «Il presidente non vuole che ci sia una escalation del conflitto in Medio Oriente e sono fiducioso che Netanyahu, con cui ha parlato diverse volte, sia consapevole delle sue preoccupazioni», ha detto in serata il portavoce John Kirby. E se non fosse chiaro, ha aggiunto, «il governo israeliano deciderà da solo un’eventuale risposta» all’attacco iraniano, in cui invece gli Stati Uniti «non sono coinvolti». In attesa di trovare la formula magica, secondo il Washington Post, Netanyahu ha chiesto all’Idf di mettere a punto la lista dei target possibili in Iran: l’obiettivo potrebbe essere uno o più siti di sviluppo del programma nucleare, ma la rappresaglia potrebbe anche prendere la forma dell’attacco cibernetico, riporta il quotidiano Usa.
La paura dell’Iran
L’Iran ha lanciato un appello all’Occidente ad «apprezzare la sua moderazione» nel rispondere a Israele invece di «accusare» Teheran. «L’Iran si aspetta che gli Stati occidentali lodino la moderazione mostrata dall’Iran negli ultimi mesi, soprattutto nell’attacco contro Israele di sabato sera, avvenuto in risposta all’attacco del regime sionista al nostro consolato a Damasco», dichiara il portavoce del ministero degli Esteri, Nasser Kanani. «Gli Stati occidentali dovrebbero addossarsi la colpa, invece di muovere accuse contro Teheran. Dovrebbero rendere conto all’opinione pubblica mondiale delle loro azioni di fronte ai crimini di guerra commessi da Israele durante i suoi attacchi contro Hamas palestinese», ha aggiunto, citato dalla Tv di Stato.
L’analisi della minaccia
Teheran, dopo il lancio di missili e droni dall’Iran, può ancora colpire le ambasciate israeliane nel mondo. Italia inclusa. «Ci sono minacce contro le ambasciate israeliane nel mondo, anche in Italia. E abbiamo indizi sul coinvolgimento dell’Iran». Parola dell’ambasciatore israeliano a Roma, Alon Bar, in un’intervista a Skytg24, aggiungendo che Israele «condivide le informazioni» con le varie polizie locali. «Siamo preoccupati per i diplomatici e per i cittadini israeliani. E siamo grati alla polizia italiana che fa tutto il possibile per garantire la sicurezza degli israeliani», ha dichiarato. Nei giorni scorsi l’ambasciata israeliana a Roma era stata chiusa per motivi di sicurezza. «Israele è stato attaccato da centinaia di missili balistici, da crociera, droni. Con successo abbiamo bloccato l’attacco. Ma questo fa parte di uno sforzo continuo di Teheran di provocare una escalation, ci sono attacchi contro il nostro Paese dal Libano, dallo Yemen, dall’Iraq, dalla Siria. Finché non troveremo un modo per fermare l’Iran, il rischio di escalation continua a esistere», ha detto l’ambasciatore. Anche se il governo di Netanyahu lancia segnali distensivi e all’Onu l’Iran dichiara «chiuso» il caso dell’attacco al consolato di Damasco, Tel Aviva prepara una controrisposta, con varie opzioni in campo: da un attacco ai gruppi filo iraniani come Hezbollah in Libano o, come riporta oggi Repubblica, un bombardamento del ministero della Difesa di Teheran. «L’attacco limitato dell’Iran contro Israele di sabato sera mirava ad avvertire, scoraggiare e punire il regime sionista. Ma se Israele intraprenderà una nuova azione contro l’Iran, dovrà sicuramente affrontare una risposta molto forte», ha detto il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian, in un colloquio telefonico con l’omologo russo Serghei Lavrov.
Foto di copertina: Il capo di stato maggiore dell’Idf Herzi Halevi parla coi soldati alla base di Nevatim
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