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La Cassazione annulla l’assoluzione di uno strupratore: «Il “no” vale sempre, anche se la donna non fugge»

16 Aprile 2024 - 08:42 Ugo Milano
Ribaltata la sentenza con cui la Corte d'Appello di Palermo aveva assolto il presunto autore di uno stupro

Il detto latino vis grata puellae – «l’aggressività è gradita alla fanciulla» – è «una massima anacronistica», che non può essere usata per giustificare gli autori di uno stupro. È con queste parole che lo scorso 2 aprile la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza con cui la Corte di Appello di Palermo, il 23 giugno 2022, aveva assolto l’autore di una violenza sessuale. In questi giorni i Supremi giudici hanno rese note le motivazioni del verdetto che ha ribaltato la sentenza di secondo grado. «La corte d’appello – scrivono gli Ermellini – ha più volte evidenziato l’assenza di una reazione fisica della persona offesa, nonché l’assenza di segni esteriori indicativi di una violenza, facendo richiamo alla anacronistica massima della vis grata puellae, assunto in base al quale la donna ha un onere di resistenza, forte e costante, agli approcci sessuali dell’uomo, non essendo sufficiente manifestare un mero dissenso».

La violenza sessuale

I fatti contestati sono accaduti la sera dell’11 agosto 2016. La vittima, dopo aver litigato con il fidanzato e aver perso di vista le amiche, si fa dare un passaggio a casa da un uomo conosciuto in discoteca. Quest’ultimo approfitta della situazione per saltarle addosso, prima nel suo furgone e poi a casa sua. Nei giorni successivi, la ragazza racconta tutto a genitori, amiche e infine alla psicologa. Infine, decide di presentare una denuncia. La giovane donna dice di essere rimasta «inerte, sopraffatta e paralizzata». A un certo punto, racconta di essere rimasta sola per pochi minuti dentro il furgone ma non di non essere riuscita comunque a trovare la forza per tentare la fuga.

La sentenza della Cassazione

Secondo la Cassazione, la vittima versava in «uno stato di prostrazione psichica tale da inibire qualunque forma di reazione concreta e attiva». Gli Ermellini contestano alla Corte d’Appello di Palermo di non aver avuto motivi sufficienti per ribaltare la sentenza della Corte d’Assise di Agrigento, che aveva condannato l’uomo in primo grado per violenza sessuale. Per giustificare la propria decisione, i giudici di secondo grado avevano fatto ricorso al detto latino vis grata puellae. Ma, sottolinea la Cassazione, «non si comprende quale rilievo probatorio e argomentativo abbia».

Foto di copertina: Dreamstime/Piyamas Dulmusumphun

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