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Direttiva case green, chi paga? Quanto costano gli interventi di riqualificazione e quali fondi sono già disponibili

Per finanziare un maxi piano di riqualificazione degli edifici, il governo ha a disposizione diverse strade: attingere ai fondi strutturali, chiedere prestiti alla Banca europea per gli investimenti e non solo

«È una bellissima direttiva, ma alla fine chi paga?». Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha spiegato così il voto contrario dell’Italia all’adozione definitiva della «direttiva case green», il provvedimento dell’Unione europea che mira a rendere il patrimonio edilizio a emissioni zero entro il 2050. Il nostro Paese, insieme all’Ungheria, è l’unico che si è espresso contro l’adozione del provvedimento, citando come principale preoccupazione proprio l’impatto economico che un piano straordinario di riqualificazione degli edifici avrà sui conti pubblici. Una paura frutto soprattutto della recente esperienza del Superbonus, che al 31 marzo 2024 ha prodotto un costo complessivo a carico dello Stato di oltre 122 miliardi di euro. Durante l’iter legislativo, alcuni eurodeputati hanno provato a chiedere la creazione di un fondo ad hoc per aiutare i governi a sostenere gli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi della direttiva. Una richiesta che alla fine non ha trovato spazio nel testo finale del provvedimento. Anche perché – come spiegava già un anno fa il relatore della direttiva, Ciarán Cuffe, in un’intervista a Open – gli strumenti già ci sono: «Ci sono moltissimi fondi a cui l’Italia può attingere. Sono i governi, semmai, a dover decidere quanti soldi chiedere e come spenderli».

Quanto costano gli interventi di riqualificazione

Per un appartamento

Prima di tutto, occorre rispondere a una domanda: quanto costano gli interventi necessari per migliorare la prestazione energetica della propria abitazione? Una delle stime più affidabili è quella contenuta nel report Il valore dell’abitare, realizzato da Cresme, Fondazione Symbola, Ance e European Climate Foundation. Nel rapporto è stata fatta una simulazione del costo di un intervento di riqualificazione per far passare dalla classe G alla classe D un appartamento di 120 metri quadri di un grande condominio. In questo caso, sono due gli interventi più efficaci per efficientare l’appartamento. La prima strada prevede la sostituzione della caldaia a gas con una pompa di calore e la sostituzione di tutti gli infissi. Il costo totale è di 23.605€, di cui 6.100€ per la pompa di calore e 17.505€ per i nuovi serramenti. La seconda strada per arrivare alla classe energetica D prevede il cappotto termico alle pareti, la tinteggiatura doppia, la sostituzione di tutti gli infissi e l’installazione di una nuova caldaia a condensazione. In questo caso il costo totale è di 48.464€, di cui quasi la metà (23.800€) se ne vanno per il cappotto termico.

Fonte: Il valore dell’abitare (rapporto realizzato da Cresme, Symbola, Ance, European Climate Foundation)

Per una casa unifamiliare

Se al posto di un appartamento si prende in considerazione una casa unifamiliare, il passaggio dalla classe G alla classe D diventa più oneroso. In questo caso, la simulazione del report Il valore dell’abitare prevede tre possibili strade. La prima passa dalla semplice installazione di un impianto di climatizzazione invernale a biomasse, dal costo di 19mila euro. La seconda opzione prevede l’installazione di una pompa di calore e la realizzazione del cappotto termico alle pareti, per un totale di 55.420 euro. Infine, la terza ipotesi di intervento: cappotto termico alle pareti, cappotto termico alla copertura (il tetto) e sostituzione di tutti i serramenti. Costo finale: 85mila euro.

Fonte: Il valore dell’abitare (rapporto realizzato da Cresme, Symbola, Ance, European Climate Foundation)

Tutti i fondi a cui può attingere l’Italia

Ora l’altra domanda: dove si possono recuperare i fondi necessari per realizzare tutti questi interventi su scala nazionale? Il governo italiano ha a disposizione diverse strade. La prima, ormai non più percorribile, era attingere ai fondi del Pnrr. Alcuni Paesi, come l’Irlanda, hanno scelto di dedicare una parte dei soldi ricevuti dal Next Generation Eu per finanziare proprio la riqualificazione energetica degli edifici, mentre l’Italia, che ha ricevuto 191,5 miliardi di euro (la cifra più alta tra tutti i Paesi Ue), ha scelto di investire su altri ambiti. Una delle istituzioni a cui possono rivolgersi i governi per finanziare gli interventi di ristrutturazione è la Bei, la Banca europea per gli investimenti. Si tratta, di fatto, di un istituto di credito che eroga prestiti a condizioni favorevoli per tutti quei progetti che sostengono gli obiettivi Ue, con particolare attenzione alla transizione ecologica. C’è poi il Fondo sociale per il clima, un nuovo strumento introdotto di recente da Bruxelles che conta su un tesoretto da 65 miliardi di dollari da spendere tra il 2026 e il 2032. Tra gli interventi per cui si possono richiedere questi fondi, si legge sul sito del Parlamento europeo, figurano anche «gli investimenti in ristrutturazioni edilizie legate all’efficienza energetica». Infine, ci sono i fondi strutturali dell’Unione Europea, il principale strumento a disposizione dei Paesi Ue per sostenere gli investimenti per lo sviluppo economico e la crescita sostenibile. Su questo fronte, però, l’Italia ha sempre fatto molta fatica. Se si considerano le risorse stanziate tra il 2014 e il 2020, il nostro Paese è riuscito a utilizzare appena il 62% delle risorse assegnate, il secondo dato più basso di tutta l’Unione europea dopo la Spagna.

Gli investimenti necessari

A tutti questi strumenti vanno aggiunte poi le risorse che possono stanziare i singoli Stati e gli enti locali. Nel 2020, ben prima che venisse approvata la nuova direttiva europea sull’efficientamento energetico degli edifici, la Commissione europea stimava che fossero necessari 275 miliardi di euro di investimenti, in aggiunta a quelli che già ci sono, per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati per il 2030. Attualmente, gli edifici sono responsabili del 36% delle emissioni di gas serra e del 40% dei consumi energetici di tutta l’Unione europea. Agire sul parco immobiliare, dunque, è un passaggio indispensabile per rispettare gli impegni presi sul clima. Secondo un rapporto di fine 2023 del Buildings Performance Institute Europe, i Paesi Ue sono ben lontani dal raggiungere gli obiettivi fissati per i prossimi anni. Nel 2020, gli investimenti complessivi per le riqualificazioni degli immobili nei Paesi Ue ammontavano a 1.771 miliardi di euro, il 41,2% in meno di quanto servirebbe per raggiungere i target climatici fissati da Bruxelles.

I vantaggi economici

L’ultimo aspetto da tenere in considerazione è che gli interventi di riqualificazione generano anche esternalità positive. Stando all’Ance – l’associazione nazionale dei costruttori edili – investimenti in costruzioni pari a un miliardo di euro generano un valore aggiunto di un miliardo e cento milioni. Non solo: l’impatto in termini di occupazione è di 15.132 nuovi posti di lavoro creati. Come ha scritto Fabrizio Fasanella su Linkiesta, la nuova direttiva europea potrebbe fare bene non solo all’ambiente, ma anche all’economia. Un discorso che vale sia per il sistema Paese che per le singole famiglie. Salire di due classi energetiche, infatti, consente un risparmio del 40% sulla bolletta, pari a circa 1.067 euro ai costi del 2022.

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