L’Antitrust rivendica l’indagine su Chiara Ferragni per il caso Balocco, l’accusa sulla finta beneficenza: «Perché è partita la multa»
La multa dell’Antitrust contro Chiara Ferragni e Balocco è stata citata come uno dei successi dell’ultimo anni di attività dal Garante dei consumatori. Nella relazione annuale al Parlamento, il presidente dell’Antitrust Roberto Rustichelli rivendica la decisione di sanzionare l’influencer e l’azienda lo scorso dicembre e ribadisce i motivi che hanno spinto l’ente: «Il comportamento dei consumatori – spiega Rustichelli – può essere indebitamente pregiudicato da una comunicazione fondata su una ambigua commistione tra sponsorizzazione e iniziative di beneficenza, inducendoli a credere, contrariamente al vero, di contribuire all’iniziativa benefica attraverso l’acquisto del prodotto». Su quella sanzione, Balocco, Fenice e TBS Crew hanno deciso di fare ricorso al Tar.
Il potere degli influencer sulle scelte dei consumatori
Rustichelli spiega come convivere sui social le «proprie esperienze di consumo» si è dimostrata «suscettibile di orientare in misura significativa le scelte di acquisto. La strategia promozionale delle imprese si è quindi adeguata al nuovo contesto, valorizzando le recensioni dei consumatori nella commercializzazione di prodotti o servizi, ovvero sfruttando la visibilità degli influencer, che sono in grado di raggiungere con i propri messaggi un numero elevato di potenziali acquirenti».
Perché Chiara Ferragni e Balocco sono stati multati
Al centro della multa contro Ferragni e Balocco per il caso del Pandoro Pink Christmas c’è stato secondo l’Antitrust «l’ambigua commistione tra sponsorizzazione e iniziative di beneficenza». Rustichelli quindi ricorda come si sia arrivati alle multe dopo aver accertato che «la donazione pubblicizzata come legata alle vendite del “Pandoro Pink Christmas” era stata fatta dalla sola Balocco diversi mesi prima del lancio del prodotto sul mercato, per un ammontare in cifra fissa, privo dunque di qualunque rapporto con le quantità del prodotto vendute, e senza alcuna partecipazione diretta dell’influencer coinvolta all’iniziativa benefica».
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