La rivolta dei giornalisti Rai: «Fermate questa deriva. La Rai non è dei governi»
Prima gli emendamenti sulla par condicio, poi la cancellazione improvvisa dell’intervento del premio Strega Antonio Scurati, in mezzo la puntata di Porta a Porta sull’aborto con sette uomini e nessuna donna in studio e l’annullamento parziale delle seguitissime repliche estive di Report i cui contenuti verranno «concordati con l’azienda», tutto condito da addii illustri ultimo dei quali quello di Amadeus. Cosa sta succedendo in Rai? A chiederselo sono in molti e tra loro anche il Comitato di Redazione della Direzione Approfondimento dell’emittente nazionale che commenta «sgomento» le notizie, le queli rimbalzate su quotidiani e social network e hanno contribuito alla pessima fama che la Rai sembra fare di tutto per conquistarsi presso il suo pubblico.
Il caso Ghali
«La stessa Rai – continua la rappresentanza sindacale dei giornalisti Rai – che alcuni mesi fa era finita nell’occhio del ciclone per l’insostenibile reprimenda a un cantante, reo di aver chiesto in diretta la pace in Medio Oriente». E ancora: «Come giornalisti della direzione Approfondimento, impegnati quotidianamente nella realizzazione di programmi storici, che sono il volto dell’informazione della Rai (Agorà, Report, Presa Diretta, Porta a Porta, Chi l’ha visto, Petrolio, Mi manda Rai 3), esprimiamo la nostra preoccupazione su questa deriva. Ci chiediamo chi sia il mandante di questi scivoloni (la politica? il governo? Il cda?). E specialmente che senso abbia questo impeto tafazziano, che sta minando la nostra autorevolezza presso il pubblico».
La Rai non è terreno di conquista
I giornalisti arrivano quindi a una domanda diretta: «Qualcuno davvero crede che tutto ciò possa spostare consensi per le prossime elezioni? Qualcuno pensa davvero che la Rai sia uno strumento per le campagne elettorali o per insignificanti posizionamenti politici? Ancora una volta urliamo: la Rai non è dei governi (questo o quelli precedenti poco cambia), né dei partiti (maggioranza o opposizione, è lo stesso), né dell’attuale (o delle passate) dirigenza aziendale. La Rai è dei telespettatori e dei suoi lavoratori. Non è terreno di conquista, è uno spazio plurale, una babele, che dà voce alla società italiana nelle sue complessità e contraddizioni». Si conclude quindi il comunicato a firma di Filippo Barone e Manuele Bonaccorsi: «Chiederemo al direttore Paolo Corsini – giornalista di lungo corso della Rai che stimiamo professionalmente – un confronto su questi temi, affinché si faccia garante e responsabile presso il corpo redazionale e presso l’editore della correttezza e dell’indipendenza del nostro lavoro».
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