Lo sfogo di Scurati il giorno dopo lo stop al monologo: «Pensavo la Rai fosse di tutti, c’era una volta la democrazia»
«È duro, faticoso, doloroso: sono un privato cittadino che legge e scrive libri e all’improvviso per aver fatto lo scrittore mi ritrovo al centro di una polemica politico-ideologica accanita, spietata e fatta di attacchi personali denigratori, che mi dipingono come un profittatore, quasi come un estorsore». Il giorno dopo essere stato censurato dalla Rai per un monologo un po’ troppo «ficcante» contro il governo Meloni e la leadership di FdI, accusata di non aver voluto davvero fare i conti con il passato del fascismo, Antonio Scurati torna sul palco. Lo fa a Napoli, ospite del festival La Repubblica delle Idee. Dove accolto dagli applausi del pubblico legge finalmente il monologo che avrebbe dovuto recitare ieri sera su Rai 3 (e che ha comunque letto in diretta tv al suo posto la conduttrice di Che Sarà Serena Bortone). «Viva l’Italia antifascista», chiosa poi dal palco Scurati al termine della lettura, di fronte alla standing ovation del pubblico napoletano. Quindi arriva il momento delle riflessioni sul cortocircuito politico-mediatico andato in scena ieri: «Pensavo che la Rai fosse anche mia, del resto è di tutti, è dello Stato italiano, ma alla fine mi hanno detto ‘tu non entri’, come un ospite indesiderato. Si è perso il senso di democrazia in questo Paese». A Repubblica delle Idee Scurati dice di non voler né essere né fare la vittima. Eppure «dopo che accadono delle cose arriva la paura, esci di casa e guardi a destra e sinistra. La tua vita è già cambiata». Che intende dire, lo scrittore? Fuor di metafora: «Quando un leader politico di tale carisma, come sicuramente è la presidente del Consiglio Meloni, che ha un seguito molto vasto, nel cui seguito da qualche parte là sotto, vista anche la storia politica da cui proviene, c’è sicuramente qualche individuo non estraneo alla violenza, probabilmente non molto equilibrato, quando il capo punta il dito contro il nemico e i giornali, o meglio i ‘giornasquadristi’ fiancheggiatori del governo ti mettono sulle prime pagine, con il titolo sotto ‘l’uomo di M.’, ti disegnano un bersaglio intorno alla faccia, poi magari qualcuno che mira a quel bersaglio c’è. Succede, è già successo».