Multe dagli autovelox a rischio, come capire se è stato omologato: quando conviene fare ricorso
Con la sentenza della Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso di un avvocato Trevigiano su una multa per eccesso di velocità di un autovelox che non era stato omologato, molti Comuni ora tremano. Questo perché il legislatore, ossia il Parlamento che negli anni si è occupato di sanzioni e codice della strada, ha spesso utilizzato il termine approvazione e omologazione in maniera diversa, come pratiche separate o come sinonimo, e anche i governi hanno mantenuto questa ambiguità che ora rischia di costare caro alle amministrazioni locali. Sul solco di questa confusione legislativa e procedurale, migliaia di automobilisti potrebbero vincere ricorsi contro le multe e generare un enorme problema di cassa soprattutto per i Comuni più piccoli. Il nodo della questione, affrontato dalla Suprema Corte, è sulla differenza tra «approvazione» e su omologazione, che i giudici hanno sciolto come pratiche distinte entrambe necessarie per rendere regolamentare l’apparecchio e quindi legittima la sua rilevazione e la conseguente sanzione amministrativa.
Due procedure distinte?
L’art.192 del Regolamento di attuazione del codice della strada, con riferimento all’art.45, distingue espressamente le due procedure di approvazione e omologazione. Come spiega a la Repubblica Emanuele Ficara, avvocato esperto in contestazioni di violazioni del Codice della strada, la prima «consiste nell’autorizzazione del prototipo secondo degli standard definiti», la seconda «accerta che il macchinario rispetti i requisiti tecnici previsti dalla normativa e ne consente la riproduzione in serie». Nel Regolamento di attuazione indica costi diversi per le diverse procedure e l’art.142, comma 6 del Codice specifica che per «la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, anche per il calcolo della velocità media di percorrenza su tratti determinati, nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento». Ma il legislatore negli anni ha ingenerato confusione utilizzando spesso i due termini come sinonimi, non sono state emanate specifiche norme attuative per l’omologazione, così i Comuni in numerosi casi non hanno avviato la procedure – che ha un costo – di omologazione. Tanto più che «dal 2020 il ministero dei Trasporti ha fatto solo autorizzazioni, ritenendo equivalenti ai fini sanzionatori le due procedure», spiegava al Corriere del Veneto il direttore dell’Anci locale Carlo Rapicavoli. Ora però la sentenza della Cassazione «stabilisce l’esistenza di una differenza netta e sostanziale», spiega Ficara.
Quando fare ricorso
Cosa deve fare l’automobilista che riceva una contravvenzione e voglia sapere se il dispositivo che lo ha fotografato ha anche l’omologazione? Ficara spiega che si può fare una richiesta di accesso agli atti e verificare se l’apparecchio ha ottenuto la certificazione, si può conusltare internet per vedere «se esistono già delle pronunce su quell’autovelox» o anche se il Comune sul proprio sito «ha messo a disposizione queste informazioni online». Per conoscere la “matricola” dell’autoelox, bisogna leggere nel verbale della sanzione dove è indicata la tipologia di dispositivo, nella dicitura: «Regolarmente approvato dal competente Mit (Omolog. Decreto n. ?? del ????)». Bisogna poi fare una ulteriore verifica, prendendo come riferimento il decreto indicato nel verbale e andando a controllare se nel dispositivo si parla di approvazione («è approvato il sistema denominato…») o omologazione.
Come fare ricorso
Due le strade possibili per il ricorso. La prima è con l’impugnazione della multa entro 60 giorni dalla notifica davanti al Prefetto. Ha il vantaggio di essere gratuita perché non bisogna anticipare la marca da bolla. Se si perde, la sanzione raddoppia ma se l’autovelox non ha l’omologazione ora, con la sentenza della Cassazione, si ha la certezza di vincere il ricordo. A quel punto il Comune dovrà annullare la sanzione e rimborsare marche da bollo e spese legali. La seconda tipologia di ricorso, entro 30 giorni, è davanti al giudice di pace con un avvocato. «Di fatto», spiega Ficara, «si apre un contenzioso perché viene chiamato in causa il Comune o chi ha installato l’apparecchio». E il cittadino deve anticipare le spese della marca da bollo. Uno dei vantaggi però è che si può richiedere anche un accertamento tecnico sul dispositivo, la taratura, che è una ulteriore procedura che i Comuni dovrebbero fare almeno una volta all’anno sull’apparecchio per verificare che non ci siano errori nella rilevazione della velocità.
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