«Pitbull, rottweiler, amstaff e dogo: ecco perché pensare ai cani come a dei figli è pericoloso»
La morte di Francesco Pio sbranato da due pitbull nel salernitano ha fatto tornare d’attualità il dibattito sui cani cosiddetti pericolosi. Si parla anche di rottweiler, amstaff e dogo argentino. Così come del pastore maremmano abruzzese, che può essere letale se lo si affronta nel suo territorio. Roberto Marchesini, etologo e zooantropologo, spiega però oggi al Corriere della Sera che questo tipo di cani è pericoloso soltanto se è gestito male. E che bisogna formare i padroni: «Consideriamo i cani come dei figli e crediamo che non ci potranno mai fare del male. Pensiamo che averne cura sia qualcosa di spontaneo, che non ci sia alcunché da imparare. Non è così. Vale per tutte le razze, a maggior ragione per quelle problematiche».
Razze problematiche e pericolose
Marchesini fa una distinzione tra razze problematiche e pericolose: «In sé non lo sono. Lo diventano, però, se vengono gestite male, da persone che non sono in grado di occuparsene. Perché non hanno le competenze. O perché non hanno il carattere per essere il leader di cui certi cani hanno bisogno». Anche tra i padroni bisogna fare distinzioni: «Spesso questi animali sono al fianco di soggetti marginali, che considerano certe razze uno status symbol di potere e che vogliono incutere timore». Mentre vietare queste razze è inutile: «Sarebbero impossibili delle verifiche. Troppi gli esemplari già in circolazione. E poi ci sono gli incroci. Piuttosto si lavori sul piano culturale, oggi non servono cani aggressivi per la guardia o la guerra. Gli allevatori possono dare un contributo, selezionando esemplari più docili».
I controlli
Sono invece le Asl e le forze dell’ordine a dover fare i controlli: «Diano multe a chi circola senza guinzaglio e senza museruola dove prevista. E vadano a casa di chi di cani ne ha più di uno, lì i rischi sono maggiori. E se non ci sono le condizioni di idoneità, si confischino gli animali». Dovrebbe anche intervenire il ministero della Salute: «Ho chiesto di convocare un tavolo di esperti per definire linee guida valide su tutto il territorio nazionale. Per esempio rendendo obbligatoria l’assicurazione, che sarebbe una forma di ulteriore controllo. E ovviamente la formazione di chi voglia cimentarsi con le razze più difficili».
Il patentino
Un’altra idea è quella del patentino: «Lo si chiami come si vuole. L’importante è che sia una formazione vera, sul campo. Non un corso teorico o in video lezione, come avviene nei pochi casi in cui già prevista. Bisogna saper gestire il cane in strada e tra la gente». Solo così si potranno prevenire le morti come quella di Francesco Pio: «Usciamo dal degrado cinofilo dato dalla negligenza di proprietari e istituzioni. Di certo iniziando a fare qualcosa se ne potranno prevenire altri».
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