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Due preti arsi vivi, 26 bimbi e giovani contadini trucidati in un giorno. L’eccidio dimenticato di Torre Paponi (Im) torna alla memoria questo 25 aprile

25 Aprile 2024 - 21:01 Franco Bechis
Tra il 12 e il 16 dicembre del 1944 le squadre nazifasciste fecero strage in questa frazione di Pietrabruna. Il destino più orribile lo riservarono a due sacerdoti

Torre Paponi è la frazione di un paesino, Pietrabruna, in provincia di Imperia. Oggi ha 60 abitanti, durante la Seconda guerra mondiale ne aveva 150 in tutto. Erano contadini, coltivatori di olive, qualcuno faceva l’artigiano. Poche famiglie, che fra il 12 e il 16 dicembre del 1944 vissero l’orrore nazista, con una strage che lasciò sul campo 28 vittime. Una delle più gravi stragi naziste di quell’epoca, in Liguria a pochi km da quella Toscana che vide macellare abitanti e partigiani a Sant’Anna di Stazzema. Ma Torre Paponi non la ricorda mai nessuno, e anche per questo motivo vogliamo riportarla alla memoria collettiva in questo 25 aprile.

La zona delle brigate partigiane dei garibaldini

Nelle colline dell’entroterra imperiese operavano numerosi gruppi partigiani: c’era soprattutto la IV brigata garibaldina agli ordini del comandante Curto con tutti i suoi battaglioni dislocati nell’interno da lì a Ventimiglia. I partigiani erano diventati amici dei contadini di Torre Paponi, che spesso li rifornivano di viveri e prestavano anche i loro muli per portarli fino ai loro rifugi nascosti nelle montagne. C’era stato qualche scontro con i tedeschi incontrati per caso nei loro percorsi e nel conflitto a fuoco erano morti due soldati delle SS. Per quello il comando nazista della zona decise una rappresaglia, proprio andando nei paesini come Torre Paponi a seminare il terrore fra i contadini fra il 13 e il 18 dicembre 1944.

Il primo rastrellamento dei tedeschi e l’esecuzione di 4 ostaggi

I tedeschi rastrellarono i paesi prendendo quattro ostaggi, tre uomini e una donna. Li giustiziarono tutti e quattro su una collina non distante da Torre Paponi, anche per terrorizzare quel paese. Uno di loro era un pastore che di inverno portava il suo gregge a svernare nella vicina Pietrabruna. Aveva a tracolla una tasca con uno sfilato di pane nero. Glielo misero in bocca agonizzante a terra, intimando ai contadini lì vicino di non toccarlo perché doveva essere di monito a tutti e a chiunque avesse aiutato i partigiani sarebbe accaduta la stessa cosa. Quella sera il comandante Curto con 25 garibaldini riuscì a recuperare la salma e a dare sepoltura al pastore con l’aiuto di un prete che seguiva i partigiani.

Il secondo rastrellamento tedesco e l’uccisione di un ragazzino e di due mamme

Il pomeriggio del 14 dicembre i nazisti tornarono a rastrellare i paesi. Circondano Torre Paponi, entrano in paese e sparano su chi vedono. Cinque giovani fra cui Andrea Aschieri, che poi sarà l’unico a salvarsi e a potere raccontare tutto, riescono miracolosamente a mettersi in salvo. Muore però un ragazzino di 15 anni che si era rifugiato a Torre Paponi scappando da Ventimiglia dopo essere rimasto orfano per i bombardamenti alleati. Stava portando sulle spalle una fascina dando una mano ai contadini che gli offrivano da qualche settimana vitto e alloggio. Una raffica di mitra dei tedeschi mette fine alla sua vita proprio alle porte del paese. Spaventate due donne escono in strada urlando il nome dei loro figli. I tedeschi pensano stiano chiamando i partigiani e sparano anche a loro uccidendole. Poi appiccano il fuoco a una casa prima di andarsene. Verranno bruciate due case e due fienili.

Il secondo rastrellamento e lo scontro con i partigiani

Il giorno 15 dicembre altro arrivo dei tedeschi, questa volta in compagnia di militari fascisti. Rastrellano le campagne a caccia di partigiani, ma non trovandoli razziano tutto il bestiame che incontrano in quella vallata. I contadini riescono a fare arrivare la notizia ai partigiani (senza bestiame non sono in grado di sopravvivere), e la quinta brigata garibaldina agli ordini del comandante Gianni attacca i tedeschi uccidendone due e recupera il bestiame. I nazisti sconfitti riparano a San Lorenzo sul Mare, e avvertono i comandi delle SS in Liguria. Viene decisa la rappresaglia nonostante le esigue perdite subite e l’intenzione è proprio quella di dare una lezione ai 150 abitanti di Torre Paponi.

Il giorno della strage e la rappresaglia di italiani vestiti da SS e con le camice nere

Viene messa in campo una formazione mista di SS altoatesine e di brigatisti neri che la mattina del 16 dicembre, quella dell’eccidio, marcia verso Torre Paponi. Per strada arrestano il parrocco di Laigueglietta, don Vittorio De Andreis, che è anche curato di rinforzo alla parrocchia di Torre Paponi. Lo accusano di avere suonato le campane per avvertire i partigiani dell’arrivo dei nazisti. Le SS altoatesine lo portano con loro fino a Torre Paponi. Il paese viene circondato da circa 800 fra nazisti e fascisti che con l’artiglieria pesante e i mortai lanciano proiettili traccianti e razzi sull’abitato dei poveri contadini. Poi entrano con il lanciafiamme, dando fuoco alle prime case incontrate. Il primo a cadere è un contadino di 43 anni, Antonio Fossati, falciato da una raffica sull’uscio di casa. Il secondo è un ragazzino di 16 anni, Giacomo Papone. Viene colpito da una raffica di mitra al ventre e ferito si trascina per una ventina di metri invocando la mamma. Una voce di italiano in divisa tedesca sibila: «Te la diamo noi la mamma», facendo partire una nuova raffica di mitra che uccide il ragazzo. Un muratore di 41 anni, Matteo Temesio, è prima catturato, poi portato all’esterno per farlo vedere a tutti e giustiziato con un colpo di pistola alla nuca. Cinque giovani vengono uccisi nella via principale del paesino. I tedeschi urlano a tutti di non avvicinarsi e di non coprire i cadaveri con un lenzuolo perché dovranno essere visibili e di monito a tutti. Un ragazzo di 15 anni viene giustiziato al campo di bocce, il papà sulle scale di casa.

Tutte le vittime della strage con i due preti bruciati vivi dai nazisti

Un’altra decina di abitanti del paese viene portata a forza nella chiesa dove viene arrestato il parroco don Pietro Carli e portato anche l’altro prete fatto prigioniero, don Vittorio. Con loro c’è un bambino di 12 anni. Vengono interrogati e processati. Poi si aprono le porte della chiesa, ragazzi e giovani scappano sulla mulattiera che parte da quella piazza. Trovano i nazisti di fronte che li trucidano uno ad uno. Un ragazzo verrà ritrovato una settimana dopo trucidato su un ruscello poco distante dalla piazza della Chiesa, sotto una fontana che oggi è monumento alle vittime naziste di Torre Paponi. La sorte peggiore però tocca ai due sacerdoti: vengono portati in un fienile, legati, fatti inginocchiare, cosparsi di benzina e arsi vivi. Il bilancio finale di quella terribile giornata fu: 28 abitanti trucidati dai nazisti, 4 partigiani uccisi alle porte del paese, 82 case incendiate, 61 vani completamente distrutti, 23 capi di bestiame razziati, danni per complessive 348.546 lire stabiliti dal genio civile di Imperia. I particolari di quella giornata sono documentati oltre che negli scritti custoditi dai diari partigiani anche dal racconto in viva voce di due anziani di Torre Paponi che quel 16 dicembre erano appena bambini, raccolto qualche anno fa da un bravo giornalista, Pierluigi Balestra.

Perché il 25 aprile serve fare memoria anche della tragedia di Torre Paponi

Ho appreso i fatti di Torre Paponi perché per tanti anni – fin da bambino – ho trascorso le vacanze estive in Liguria e come fanno i turisti continuo a girare l’entroterra per scoprire paesi e luoghi spesso nemmeno indicati. Trovai le targhe di marmo che raccontavano l’eccidio del prete e dei giovani del paese dove era avvenuto e poi ho ricostruito la storia dagli archivi e dai diari partigiani. Una storia terribile anche più di altre perché in questo caso gli assassini di povera gente e di semplici contadini erano tutti italiani, qualcuno con la divisa delle SS e qualcun altro con la camicia nera dei fascisti. Il 25 aprile serve soprattutto a questo: a festeggiare certo la Liberazione, ma anche a fare memoria degli orrori che la precedettero e delle colpe collettive che l’Italia ha per quegli anni così bui. Sono nato quando il fascismo e il nazismo per fortuna non esistevano più. Ma la storia e anche la memoria familiare me li hanno resi presenti e orribilmente vicini.

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