Piero Pelù e la depressione: «Ho cercato un aiuto a cui mi rivolgo ancora, abbiamo bisogno degli altri per non perderci»
L’ex cantante dei Litfiba Piero Pelù ha dovuto cancellare un tour e fermare un album per curare un acufene. Ma adesso è pronto a tornare con l’album Deserti, in uscita il 7 giugno. Tornerà sul palco a partire dal 29. E oggi dice al Corriere della Sera che quello alle sue orecchie «è stato un incidente sul lavoro. Ero in studio di registrazione e ho subito uno choc acustico. Avevo cambiato cuffie e il fonico non ha fatto bene i calcoli: ho perso i sensi, sono cascato a terra. A quello si sono sommati i miei di errori: non ho fatto subito i controlli e ho trascurato il problema. Il danno è irreversibile, ho recuperato un po’ ma da questi choc non si guarisce. Posso aggirare il problema con la tecnologia. Un sistema acustico ben calibrato mi permette di affrontare di nuovo il palco: devo creare l’inferno sonoro fuori, ma in cuffia è come se avessi Casadei».
L’altro problema
Ma c’è un altro problema di cui Pelù ha parlato all’epoca e che rievoca oggi, ovvero la depressione: «Sono come il ferro che resiste a un impatto violento… Alle preoccupazioni per la salute, si sono sommati i pensieri legati alla fine dei Litfiba. Ho cercato un aiuto professionale, cui mi rivolgo ancora, e sono riuscito ad aprire delle belle porte. In “Maledetto cuore”, ad esempio, canto “ho bisogno di te”: lo diciamo raramente, ma abbiamo bisogno degli altri per non perderci in quei buchi neri con cui sto facendo i conti». Parla anche con i dissapori con l’altra metà dei Litfiba, ovvero Ghigo Renzulli: «Il mio essere Litfiba nel profondo, me lo sono pure tatuato sulla pancia a fine tour, ha sperato che gli ego si calmassero e che, nonostante gli annunci, non sarebbe stato l’ultimo tour. E invece… Non si cambia la testa della gente. E dire che siamo persone mature, non una boyband. C’è chi vuole rimanere ancorato al passato, vedi anche il momento storico che stiamo vivendo oggi, e chi invece cerca di mantenere viva la parola libertà che nel caso di un artista significa sperimentare».
Il brano pacifista
Poi parla de Il mio nome è mai più, il suo brano pacifista: «Non ho mai smesso di suonarla, non ho mai smesso di dire “mai più” alle guerre. Oggi parliamo di Palestina e Ucraina, ma ci dimentichiamo di Sudan, Afghanistan, Birmania e altri conflitti. Sono un pacifista e obiettore di coscienza grazie a nonno Mario, un antifascista che mi ha inculcato il ripudio delle guerra e delle armi. Mi manca moltissimo una figura come Gino Strada. Oggi credo sia difficile trovare le parole giuste per una nuova canzone contro la guerra, magari potrebbero farla dei rapper… Nell’album ho messo una mia versione per l’anniversario ma comunque ci stiamo risentendo, io, Luciano e Lorenzo, per capire cosa fare».