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Il Governo Meloni non ha ripristinato il vitalizio dell’ex senatore Antonio D’Alì

28 Aprile 2024 - 10:31 Antonio Di Noto
A ripristinare il vitalizio sono state decisioni alle quali l'esecutivo di Meloni non ha preso parte

Circolano diversi post social con il seguente testo: «Il governo 5 stelle ha tolto i vitalizi ai condannati. Il governo Meloni li ha reintrodotti. Oggi molti ex politici percepiscono il vitalizio direttamente in carcere. L’ex senatore di F.za Italia D’Ali, sta scontando 6 anni di carcere per associazione mafiosa, ogni mese percepisce 9 mila euro di vitalizio». Ma le cose stanno veramente così? In realtà, il governo Meloni non ha ripristinato il vitalizio dell’ex senatore Antonio D’Alì, a farlo sono state due decisioni alle quali l’esecutivo di Meloni non ha preso parte.

Per chi ha fretta:

  • Si sostiene che il governo Meloni abbia ripristinato il vitalizio al senatore Antonio D’Alì.
  • D’Alì è stato condannato in via definitiva a sei anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.
  • Il governo Meloni non ha ripristinato il vitalizio dell’ex senatore Antonio D’Alì.
  • Il compenso è stato ripristinato dal Consiglio di Garanzia del Senato nel 2021, durante il governo Draghi.
  • Nel 2023 è stato invece aumentato il valore dei vitalizi dei senatori eletti prima del 2012 che era stato abbassato passando dal sistema retributivo a quello contributivo.
  • La responsabilità, invece non è del governo, ma del Consiglio di Garanzia del Senato.

Analisi

Vediamo uno screenshot di uno dei post oggetto di verifica. Nella descrizione si legge:

MA PER QUESTO GOVERNO IL MALE PEGGIORE È IL SUPERBONUS E IL RDC. Come mai in tv nessuno nomina questi fatti? Attendiamo I giornalisti liberi in rai che hanno letto la pappardella ,anche sono storie vecchie bisogna ricordarlo spesso

Nell’immagine leggiamo:

Il governo 5 stelle ha tolto i vitalizi ai condannati. Il governo Meloni li ha reintrodotti. Oggi molti ex politici percepiscono il vitalizio direttamente in in carcere. L’ex senatore di F.za Italia D’Ali, sta scontando 6 anni di carcere per associazione mafiosa, ogni mese percepisce 9 mila euro di vitalizio.

Il ripristino ai condannati

Come stanno le cose? Il vitalizio di D’Alì è stato effettivamente ripristinato, ma non dal governo Meloni. Il primo atto di ripristino risale a fine maggio del 2021, durante il governo Draghi. A darne notizia, tra gli altri, il Fatto Quotidiano e Sky News, nel momento in cui il Consiglio di Garanzia del Senato ha confermato una sentenza della Commissione contenziosa che aveva ripristinato il vitalizio a Roberto Formigoni, condannato per tangenti.

All’atto pratico la sentenza ha cancellato la delibera Grasso del 2015, con la quale il consiglio di presidenza del Senato, insieme a quello della Camera, all’epoca guidato da Laura Boldrini, aveva annullato il vitalizio a tutti gli ex parlamentari condannati in via definitiva a pene superiori ai due anni di reclusione. Così facendo, la decisione si è estesa agli ex senatori nelle sue stesse condizioni, tra cui Antonio D’Alì, che nel 2021 è stato condannato a sei anni di reclusione della Corte d’Appello di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. Condanna confermata dalla Corte di Cassazione il 12 dicembre del 2022.

L’intervento di Grasso nel 2023

Nel sito dell’Associazione Ex Parlamentari della Repubblica leggiamo un intervento del 30 gennaio 2023:

In un’intervista al Fatto, l’ex presidente del Senato, Pietro Grasso (foto), sostiene che dovrebbe essere reintrodotta la delibera del 2015 che porta il suo nome e che toglieva il vitalizio agli ex senatori condannati a più di due anni pene detentive per determinati reati. La delibera, annullata in Senato nella scorsa legislatura da due sentenze degli organi di giurisdizione interna, è tornata di attualità con il “caso D’Alì”, ex senatore condannato per concorso esterno e titolare di vitalizio/pensione. Grasso invita l’attuale presidente del Senato, Ignazio La Russa, a seguire il suo esempio ma mostra assai poca fiducia che il suo appello venga ascoltato…

Il ripristino ante 2012

Discorso diverso è quello che riguarda il ripristino del vitalizio per gli ex senatori eletti prima del 2012. L’operazione è avvenuta il 7 luglio 2023 per approvazione del Consiglio di Garanzia del Senato. Tuttavia, questa decisione pur riguardando anche D’Alì non può essere imputata al governo Meloni.

Come scrive Pagella Politica, «il consiglio è composto da cinque senatori (più altri cinque supplenti) con competenze giuridiche. La seduta del 7 luglio è stata l’ultima seduta del precedente Consiglio di garanzia, formato in maggioranza da parlamentari non più in carica in questa legislatura, che hanno votato a favore del ripristino. Tra i componenti del consiglio che ricoprono ancora l’incarico di senatore c’erano Alberto Balboni (Fratelli d’Italia), che però ha votato contro il ripristino dei vitalizi, e Valeria Valente (Partito Democratico), che si è astenuta. Uno degli ex senatori a votare a favore del ripristino è stato invece Ugo Grassi, eletto nella scorsa legislatura proprio con il Movimento 5 Stelle, poi passato alla Lega e infine nel gruppo Misto».

La decisione ha fatto sì che i vitalizi siano tornati ad essere calcolati con il sistema retributivo e non con quello contributivo, com’era stato deciso nel 2012 adeguandosi alla riforma Fornero. Quindi, se oggi l’ex Senatore Antonio D’Alì percepisce un vitalizio, la responsabilità non è del governo Meloni, ma delle due decisioni di cui abbiamo scritto nell’articolo.

Conclusioni

Si sostiene che il governo Meloni abbia ripristinato il vitalizio al senatore Antonio D’Alì. D’Alì è stato condannato in via definitiva a sei anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Il governo Meloni non ha ripristinato il vitalizio dell’ex senatore Antonio D’Alì. Il compenso è stato ripristinato dal Consiglio di Garanzia del Senato nel 2021, durante il governo Draghi. Nel 2023 è stato invece aumentato il valore dei vitalizi dei senatori eletti prima del 2012 che era stato abbassato passando dal sistema retributivo a quello contributivo. La responsabilità, invece non è del governo, ma del Consiglio di Garanzia del Senato.

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