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L’indagine sugli 007 e l’auto di Andrea Giambruno sotto casa di Giorgia Meloni: quello che non torna

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Tutto quello che non torna nelle versioni dell'Aisi e della procura. I ladri d'auto identificati e gli uomini dei servizi segreti puniti

Ladri d’auto o agenti segreti? La storia dei due uomini vicino all’auto di Andrea Giambruno parcheggiata sotto casa di Giorgia Meloni nella notte tra il 30 novembre e il primo dicembre ha molti interrogativi da soddisfare. Anche se il sottosegretario Alfredo Mantovano ieri ha smentito che quei due uomini appartenessero all’Aisi, ovvero ai servizi segreti italiani. Ma senza spiegare perché allora proprio l’Agenzia informazioni sicurezza interna li abbia identificati prima come tali. E nemmeno perché i due, nel frattempo trasferiti all’Aise, siano stati spediti rispettivamente in Tunisia e in Iraq e non siano ancora rientrati in Italia, visto che sono stati scagionati. Così come non si capisce perché, se i due davvero facevano parte della scorta della premier, quella sera fossero «da un’altra parte». E come mai proprio la premier ne avesse chiesto l’allontanamento da tempo.

Spy and Love Story

Una spy story che si intreccia a una love story. E per comprenderne l’esatta dinamica bisogna ricostruire tutto dall’inizio. Flashback. Il 20 ottobre del 2023 la premier annuncia la separazione dal compagno e padre di sua figlia Ginevra. Soltanto un paio di giorni prima Striscia la notizia aveva pubblicato il primo fuorionda dell’allora conduttore del Diario del Giorno su Rete 4. Ovvero quello in cui si lamentava delle critiche sul suo ciuffo e provava qualche avance nei confronti di una collega: «Sei una donna intelligentissima, ma perché non ti ho conosciuta prima, è incredibile». Quello con le proposte hard sulle «cose a tre» deve ancora arrivare. Ma la premier ha già deciso. E scarica il conduttore Mediaset aggiungendo anche che le loro strade «si sono divise da tempo». Ovvero dando a intendere che già all’epoca i due fossero in crisi. E rivelando così un retroscena inedito su Instagram. Sempre che fosse vero.

40 giorni dopo

Flashforward. Un mese e dieci giorni dopo in piena notte l’auto di Giambruno è parcheggiata sotto casa di Meloni, che secondo i giornali in quel momento è all’estero: a Dubai per partecipare alla Cop28. Ma trovandosi parcheggiata sotto casa di Meloni, è evidente anche a una persona non molto sveglia che tentare un furto mentre c’è la scorta in giro è piuttosto pericoloso. Così come qualsiasi altra cosa. Ciò nonostante, davanti alla villa appena acquistata dalla premier al Torrino, zona Roma Sud, due uomini vanno ad armeggiare attorno all’auto e hanno persino una luce per illuminarla. La polizia fa la polizia: i due uomini della scorta si avvicinano agli altri e chiedono loro cosa stiano facendo. Loro a quel punto mostrano un distintivo qualificandosi come colleghi e si dileguano in fretta.

L’inchiesta dei servizi segreti

I due agenti segnalano tutto alla Digos. Che gira l’informazione al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, a Mantovano, all’allora capo dell’Aisi Parente e al suo braccio destro Del Deo. Oltre che a Meloni. Il capo della procura di Roma Francesco Lo Voi se ne occupa in prima persona. Gli uomini dell’Aisi iniziano l’indagine ed effettivamente individuano due colleghi. Non solo: fanno parte della scorta degli agenti segreti di Meloni. E la leader, scrive il Corriere, ne aveva chiesto già l’allontanamento, anche se non se ne conoscono le ragioni. A questo punto si può immaginare di tutto. Ovvero che i due volessero mettere una cimice nell’auto di Giambruno. Oppure che volessero toglierla. O ancora che avessero intenzione di utilizzare l’automobile per pedinarlo con dispositivi elettronici.

Colpo di scena

Ma a quel punto arriva il colpo di scena. I due non sono agenti segreti, ma una coppia di «ricettatori». Che però, appunto, non sono ladri. E di solito non perlustrano le automobili da far rubare agli altri, visto che ai ricettatori non piace correre rischi. Ma allora perché avrebbero agito in prima persona? In più emerge che dalle celle telefoniche i due agenti prima identificati erano in quel momento da tutt’altra parte. E anche qui c’è una domanda senza risposta: ma non facevano parte della scorta della premier? Ma allora perché erano da tutt’altra parte? E ancora: sempre nell’indagine e grazie a una videocamera di sorveglianza si risale a un’auto rubata presa in carico da un noto ricettatore. Lui sarebbe il mandante del tentato furto. Della portiera, specifica oggi Il Giornale.

Ladri d’auto e 007 puniti

Ma a parte le gomme, raramente i ladri portano via soltanto una parte di un’auto. La rubano e poi la smontano. E allora come si fa a sapere che si voleva rubare l’auto per prendersi la portiera? Infine c’è da capire anche perché la premier avesse già chiesto l’allontanamento proprio dei due identificati (una casualità incredibile) e come mai questi siano stati spediti subito dopo l’emergere del caso fuori dall’Italia. Ma soprattutto: perché poi non sono stati fatti rientrare? Lo hanno chiesto? Sono stati comunque interrogati a piazzale Clodio? E qual è la loro versione dei fatti? E come è possibile che gli agenti li abbiano riconosciuti e poi invece abbiano sbagliato? I poliziotti non sono più addestrati dei semplici testimoni, nei riconoscimenti?

Infine, bisognerebbe avere una risposta certa anche sulla presenza di Giambruno a casa di Meloni. Lei era in volo, ed evidentemente il giornalista aveva l’ottimo motivo della figlia Ginevra per trovarsi là. Ma anche questo andrebbe confermato. Se non altro per fugare ogni dubbio.

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