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Camera, al via la discussione sul ddl Calderoli. Molinari attacca il governatore De Luca: «È un moderno Masaniello»

29 Aprile 2024 - 12:07 Felice Florio
Sono 53 i deputati iscritti a parlare. Ricciardi (Pd) si rivolge al ministro: «Come si fa a immaginare una competizione tra Regioni senza che si possa partire da condizioni di parità?»

È un all-in. Matteo Salvini, con la candidatura di Roberto Vannacci, si gioca la leadership nella Lega. Nonostante i borbottii interni, il segretario ha rilanciato sul generale fino all’ultima fiche: scontenti i big del partito, a iniziare da Giancarlo Giorgetti, scontenti i candidati del Carroccio alle Europee, che rischiano di essere scavalcati da un generale che ha ribadito più volte di non essere interessato a iscriversi alla Lega. Martedì 30 aprile, Salvini e Vannacci appariranno sullo stesso palco, nel cuore di Roma, in quel tipico mélange da propaganda, in cui le presentazioni di libri diventano campagna elettorale. L’asso calato da Salvini per le prossime elezioni, tuttavia, ha già sortito un primo effetto indesiderato. Lo lamentano anche anche alcuni parlamentari leghisti: nella settimana in cui il disegno di legge sull’Autonomia differenziata approda in Aula, alla Camera, l’attenzione è rivolta più alle idee del singolo Vannacci che alla battaglia fondativa della Lega. In questo clima, la mattina del 29 aprile, ha preso avvio la discussione generale sul cosiddetto ddl Calderoli, già approvato dal Senato. Il testo aveva ricevuto il via libera della commissione Affari costituzionali due giorni fa, sabato 27 aprile. Il mandato per l’Aula ai relatori è stato conferito senza che si concludesse l’esame di tutti gli emendamenti depositati dalle opposizioni, oltre 2 mila.

La discussione in Aula

Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie è presente a Montecitorio, oggi. Sono 53 i deputati iscritti a parlare e la discussione, probabilmente, proseguirà anche domani. Dopo gli interventi dei relatori di maggioranza, prende parola Toni Ricciardi, per le opposizioni. Il deputato del Partito democratico solleva due questioni, una di metodo e una di merito. Sulla prima, dice, dei quasi 2.400 emendamenti presentati, ne «sono stati discussi e votati in tutto solo 70, poco meno del 3%: rispetto a un momento così solenne e così importante abbiamo dato la nostra disponibilità a dare il nostro contributo. Sul merito, prosegue Ricciardi, «non ricordo una quantità di audizioni in cui la quasi totalità di pareri sono stati negativi». Cita tra le criticità «il ruolo del Parlamento» che viene messo in discussione, «la determinazione dei Lep», il ricorso a un «disegno di legge ordinario e non costituzionale».

Ricciardi, rivolgendosi a Calderoli, domanda: «Come si fa a immaginare una competizione tra Regioni senza che si possa partire da condizioni di parità? Ad oggi, il regionalismo sanitario possiamo definirlo un errore, i risultati sono sotto gli occhi di tutti perché le differenze tra Nord e Sud sono aumentate e i Lep non sono garantiti: è la controprova che una crescente autonomia aumenta, e non riduce, le disuguaglianze». In chiusura, il vicepresidente del gruppo Pd alla Camera inveisce contro Giorgia Meloni: «”Chiamatemi semplicemente Giorgia” non credo avrà tempo di venire al Sud in campagna elettorale a spiegare che lo ha svenduto per due denari o, se preferite, sull’altare dei pieni poteri che è convinta di ottenere con il premierato. Arriverà il momento in cui la patriota Giorgia dovrà mettere la faccia su questa oscenità. Dovrà spiegare il più grande attentato alla Costituzione repubblicana che memoria ricordi. E mi auguro che oggi provi un po’ di vergogna insieme alla sua classe dirigente che si riempie la bocca con la parola “Nazione” e oggi l’ha fatta a pezzi senza pietà, arrivando a rinnegare finanche quello che 50 anni fa diceva Giorgio Almirante».

Il capogruppo della Lega attacca De Luca: «Un moderno Masaniello»

Riccardo Molinari rivendica la riforma dell’autonomia differenziata come «il pilastro su cui si regge la maggioranza di governo». Una battaglia, ricorda, «che la Lega porta avanti da 40 anni». Il leghista attacca Vincenzo De Luca e i sindaci che il governatore campano ha guidato sotto Palazzo Chigi – criticando il disegno di legge – definendoli dei «moderni Masaniello». Riprendendo alcune polemiche sul 25 aprile, Molinari afferma: «Voglio ricordarvi che nell’assembla costituente c’era solo un argomento che univa tutte, davvero tutte le forze politiche, ovvero che la Repubblica nascente dovesse avere un’autonomia più forte. Una cesura con il centralismo fascista». E alza i toni: «Usate il tema dell’antifascismo per le cose serie».

Intanto, sui social, il ministro Calderoli pubblica una sua foto a Montecitorio mentre tiene tra le mani il testo del disegno di legge: «Autonomia in Aula alla Camera, ci siamo!». E Luca Zaia, all’Ansa, dichiara con parole commosse: «È il mattone che ci indica che siamo arrivati ormai al tetto di un edificio che abbiamo immaginato, pensato, progettato e costruito con senso di responsabilità e rispetto assoluto della Carta costituzionale. Quello che si sta discutendo a Montecitorio è un provvedimento che entrerà nella storia del nostro Paese. Tutto procede secondo programma ed è la dimostrazione della serietà di questo governo negli impegni presi con i cittadini, a cominciare da quei 3 milioni 328 mila veneti che sono andati a votare nel referendum consultivo del 2017».

L’interruzione della discussione generale

Tre parlamentari – Simona Bonafè del Pd, Alfonso Colucci del M5s e Filiberto Zaratti di Avs – chiedono e ottengono di poter intervenire sul regolamento. La discussione del ddl Calderoli subisce così un rallentamento, bollato dalla maggioranza come ostruzionismo. L’oggetto del contendere è il comportamento della maggioranza in commissione Affari costituzionali. Tra le “sbavature” denunciate, c’è quella di aver fatto ripetere una votazione su un emendamento, durante la quale il centrodestra era stato battuto dalle opposizioni. La richiesta di «non procedere oltre» viene respinta dalla presidenza della Camera. Comunque, sintetizza quanto accaduto in commissione la deputata di Italia Viva Isabella De Monte, intervenendo in discussione generale: «Con l’iter di questo provvedimento, molto delicato perché delinea una nuova architettura dello Stato, si è scritta una brutta pagina. Alla Camera la discussione si è prima trasformata in una gara ad arrivare prima. Poi ha fatto registrare un fatto molto grave: la doppia votazione di un emendamento su cui la maggioranza era stata battuta, con la seconda avvenuta per giunta con commissari diversi rispetto alla prima volta. Si tratta di una forzatura inaccettabile imposta dalla Lega per contrastare la propria crisi di consensi».

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