Ultra, il racconto del potere: I Socialisti europei e il rischio di contare poco anche senza perdere
Non c’è crisi della sinistra che non abbia avuto il suo eco nell’andamento del Partito socialista europeo e della sua lista al parlamento europeo, sotto il nome di S&D, Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici. Con un solo elemento, se non buono perlomeno roseo: la discesa dei consensi si è fermata, almeno stando ai sondaggi, e S&D dovrebbe restare il secondo gruppo a Strasburgo.
La storia del partito che unisce i partiti socialisti e socialdemocratici europei corre parallela a quella del socialismo nel continente: Il Pse nasce nel 1953 all’epoca della prima forma assembleare europea, quella collegata alla Ceca (comunità economica carbone e acciaio) ed è stato il primo partito alle elezioni del 1979. Fino all’89 ha avuto circa un terzo degli eletti. Il crollo del socialismo in Unione sovietica ha ovviamente un impatto sul Pse ma la crisi non arriva nell’ 89, anzi quello è l’anno dell’apice: i seggi conquistati sono 198 su 518. Sono, invece, le elezioni del ‘94 il vero segnale di crisi, quando raccolgono 214 su 626 (lo stesso anno che in Italia segna la nascita e il trionfo di Forza Italia). L’ultimo scossone che ha colpito il gruppo è recentissima. L’esclusione dei parlamentari Slovacchi e del premier Robert Fico, conseguenza di una rottura che ha fatto certamente meno rumore di quella dei Popolari con Orban, ma racconta comunque di un rapporto ancora non risolto con i paesi entrati nell’Ue dal 2004 in avanti, e del legame di alcuni di loro con la Russia.
Chi sono i “Socialisti e democratici” e in che battaglie hanno pesato
Il nome del gruppo parlamentare, Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici già ci dice che la vita di questo gruppo non è semplice (e c’entrano gli italiani): si chiama così e non Pse perché nel 2009, aderendo al gruppo, Il Pd pose come condizione che il nome non corrispondesse a quello del Partito che ancora ai suoi congressi canta l’Internazionale. Poi, nel 2014, il Pd ha aderito al Pse ma l’anno scorso, quando è stato proposto di cambiare anche il nome al gruppo, in Italia si è alzato un putiferio. E la cosa è stata archiviata.
Al momento il nome più in vista del Pse, tra le istituzioni europee, è probabilmente quello dell’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell, fino all’anno scorso affiancato a Frans Timmermans, per quasi tutto il mandato vicepresidente della commissione europea. Se oggi il Pse appare una formazione perennemente in affanno ed a caccia di leader forti, certamente nella prima fase dell’Unione, per tutti gli anni 80 e 90 sono state di questa formazione grandi personalità che hanno avuto un decisivo impatto sull’Europa che conosciamo: il presidente Francois Mitterand e il cancelliere tedesco Gerard Schroeder (i cui rapporti con la Russia creano grave imbarazzo anche ora) sono stati tra le personalità di maggiore spicco di quella fase. In questa ultima legislatura, dal 2019 ad oggi, i Socialisti europei sono riusciti ad incidere su molti provvedimenti. Il fondo Sure, che ha permesso di gestire l’emergenza occupazionale collegata alla Pandemia, così come il Recovery plan e parte dell’agenda sul Green deal sono frutto del pressing dei socialisti europei, nel parlamento e non solo. «Il Welfare state è la vera vocazione dell’Europa e la sua centralità è dovuta ai socialisti europei», spiega a Open il responsabile esteri del Pd, Giuseppe Provenzano. Guardando alle battaglie fatte dal 2019 in avanti c’è chi dice che i socialisti abbiano sbagliato strategia imbracciando i temi ambientali che appartengono ad un’altra cultura politica. Il parlamentare del Psoe Javi Lopez è stato relatore del provvedimento sulla qualità dell’aria, che include nuovi limiti europei. A Open spiega che, secondo lui, è ormai impossibile distinguere tra impegno sociale e ambientale.
Dove governa il Pse
All’interno del Consiglio europeo, la presenza dei membri del Partito del Socialismo Europeo (PSE) è attualmente limitata a soli quattro rappresentanti, con uno sospeso a causa di posizioni populiste e filo-Putin.
- il Cancelliere tedesco Olaf Scholz,
- il Primo Ministro spagnolo Pedro Sánchez,
- la Primo Ministro danese Mette Frederiksen,
- il Primo Ministro maltese Robert Abela.
Inoltre, i socialisti europei sono rappresentati in due governi:
- In Slovenia Tanja Fajon è vicepremier
- In Belgio i socialisti sostengono, anche con il vicepremier Frank Vandenbroucke, il governo di Van Der Croo (le elezioni si terranno in contemporanea a quelle europee).
I problemi politici e i dubbi sulla leadership spagnola
Il Pse, pur vantando nomi di spicco e pur essendo destinanato a rimanere il secondo gruppo politico europeo, da tempo incide poco sulle grandi scelte dell’Unione. O se lo fa, non attraverso figure di leader chiare. Al momento il gruppo più rappresentato è quello spagnolo – e vedremo se lo scossone giudiziario di questi giorni avrà impatto sulla performance di giugno – ma la leadeship non è apprezzata da tutti allo stesso modo. L’elemento di tensione principale risale al al 2019. Secondo alcuni, Pedro Sánchez, leader socialista spagnolo, preferì negoziare la nomina dello spagnolo Josep Borrell ad Alto Rappresentante per la politica estera, piuttosto che perseguire la candidatura del socialista Frans Timmermans alla presidenza della Commissione. Questa mossa, pur garantendo un ruolo di rilievo per un esponente spagnolo, causò tensioni all’interno del Pse. La trattativa si spinse fino al ruolo di presidenza del Parlamento europeo, arrivato a David Sassoli solo in seguito ad una vera e propria spaccatura del gruppo.
Javi Lopez respinge questa ricostruzione. Dice però che la delegazione del Psoe ha effettivamente una sua forza, diversa da altri membri di S&D: «Siamo capaci di giocare di squadra e siamo molto coesi, non è vero però che all’epoca non ci siamo battuti per avere Timmermans presidente». Secondo Lopez il problema di impatto del Pse è legato al fatto che ha pochi rappresentanti nel Consiglio europeo e questo non consente di pesare abbastanza sulle caselle decisive. Un problema che si porrà anche dopo le elezioni, specie se la destra crescerà ancora.
Il peso dei tedeschi e la paura dei conservatori
L’altro paese che ha una forte componente nel Pse è ovviamente la Germania. Indipendentemente dalla conferma o meno di Ursula von der Leyen come presidente della Commissione, la Spd non ha la certezza di essere il partito che indicherà il membro tedesco della commissione europea, visto il forte peso dei Popolari tedeschi. Al congresso del Pse a Roma è stato scelto il lussemburghese Nicolas Schmit, oggi commissario a lavoro e diritti sociali, come spitzenkandidaten ma è un nome che ha ben poche chances di passare. Gli equilibri nazionali e quelli internazionali si incrociano qui con le scelte della politica. Chi potrebbe sostenere un secondo mandato di von der Leyen? Cosa succede se a sostenere la presidente fossero anche i Conservatori europei guidati da Giorgia Meloni? Per i socialisti spagnoli, spiega Lopez, un accordo che includa l’Ecr è impossibile perché di quella organizzazione fa parte anche il partito di estrema destra Vox: «E’ una formazione politica che conosco molto bene, distruggerebbe l’Unione europea», dice. Secondo il responsabile esteri del Pd, Giuseppe Provenzano, a questo punto ci sono tutte le condizioni per pensare ad un altro presidente della Commissione europea: «Ursula von der Leyen si è molto indebolita, non solo ai nostri occhi ma agli occhi dei liberali e del suo stesso partito. Faccio notare che è stata sì eletta come spitzenkandidat ma al congresso di Bucarest la spaccatura è stata evidente».
Le novità dalla Francia
Un paese in cui i socialisti potrebbero tornare a pesare potrebbe poi essere la Francia. Dopo la travolgente crisi di alcuni anni fa – ricordate Segolene Royal candidata alla presidenza nel 2007 e non sostenuta dal suo compagno Francois Hollande, che poi diverrà presidente? – e la nascita di La République en marche di Emmanuel Macron, i socialisti francesi sono sprofondati in una lunga crisi che forse ora potrebbe essere ad una svolta. Il saggista Raphael Glucksmann – già oggi deputato europeo per S&D ha stretto un’alleanza coi socialisti francesi, inducendoli a rompere con Jean Luc Melanchon sul tema del sostegno all’Ucraina ed ora punzecchia Macron accusandolo di essere debole e di non fare abbastanza per Kiev. La sua presenza può essere una novità per l’intero Pse.
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