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Stupro di gruppo a Palermo, parte il processo: prima udienza il 15 maggio. Perché la vittima non sarà sentita in aula

29 Aprile 2024 - 15:08 Ugo Milano
I legali dei sei ragazzi imputati avevano chiesto un nuovo esame della vittima. Una richiesta respinta dal Gup: «Rischio vittimizzazione secondaria»

Comincerà il 15 maggio e si svolgerà con il rito ordinario il processo ai sei ragazzi accusati di aver stuprato, nel luglio del 2023, una ragazza di 19 anni al Foro Italico di Palermo. Gli imputati avevano presentato richiesta di ammissione al rito abbreviato, condizionando l’istanza a una serie di nuove attività tra cui l’esame in aula della vittima. Cristina Lo Bue, gup di Palermo, ha però respinto la richiesta, dal momento che la ragazza «è già stata sentita numerose volte» e una nuova audizione non porterebbe ad altro che a «una vittimizzazione secondaria». In altre parole, costringerebbe la ragazza a rivivere il trauma, o subire ulteriori violenze psicologiche, senza che ce ne sia bisogno. La 19enne è stata sentita dal Gip di Palermo, Clelia Maltese, appena due mesi e mezzo fa, nel corso di un incidente probatorio.

Il vocale della ragazza

I legali dei sei ragazzi imputati per lo stupro avevano subordinato la richiesta di accesso al rito abbreviato anche alla convocazione in aula di un amico della vittima, che avrebbe dovuto riferire di un messaggio vocale ricevuto dalla 19enne attorno all’una la notte dello stupro. Anche questa istanza è stata respinta dal giudice per l’udienza preliminare. Nel vocale, che dura una trentina di secondi, la ragazza si sarebbe detta tranquilla e non avrebbe mostrato paura. Questi dettagli, secondo i legali dei sei imputati, dimostrerebbero che la ragazza era consenziente al rapporto sessuale di gruppo avvenuto in un cantiere abbandonato di Palermo. Alle 2 di notte la giovane avrebbe inviato un altro messaggio all’amico dicendo che non poteva più incontrarsi con lui.

La replica dell’avvocata: «Si tenta di screditare la vittima»

«C’è una telefonata in entrata attorno all’una di una persona che fino ad oggi non è entrata nelle fasi di questo processo, che sarebbe durata alcuni secondi, e un messaggio della mia assistita attorno alle due. Sarebbero queste le prove che incrinerebbero la credibilità della giovane che assisto. A parte il fatto che la giovane era intontita, drogata e ubriaca e potrebbe non ricordare alcunché», replica l’avvocata della vittima, Carla Garofalo, sul vocale in questione. «Durante la violenza il cellulare le è caduto più volte e sarebbe stato Angelo Flores a tenerlo e a rispondere», prosegue la legale per poi puntare il dito contro la strategia della difesa: «È molto chiara. L’obiettivo è screditare la vittima come abbiamo visto in tantissimi processi dove ci sono donne vittime di violenza. Si sta cercando di mettere in pratica la vittimizzazione secondaria in modo da fare cedere i nervi, fare entrare in contraddizioni le vittime».

Le parti civili

I sei ragazzi accusati dello stupro sono tutti in carcere. Al processo che inizierà il prossimo 15 maggio parteciperanno anche sette associazioni, che hanno chiesto di costituirsi parte civile e sono state ammesse. Si tratta di Associazione Millecolori onlus, Associazione nazionale Donne in rete contro la violenza, Associazione Le Onde, Biblioteca delle Donne centro di consulenza, Associazione Insieme a Marianna Aps, Associazione contro tutte le violenze e l’Associazione femminile La Casa di Venere. Sono state escluse invece l’Associazione Emily e Mezzocielo e l’Associazione Mete Aps. Ammesso come parte civile anche il Comune di Palermo, che sarà rappresentato dall’avvocata Roberta Saetta.

La delusione delle associazioni escluse

Su tutte le furie le associazioni escluse che puntano il dito contro la decisione. «Estromettere proprio le associazioni che fanno sensibilizzazione contro la cosiddetta “cultura dello stupro” e in modo particolare perché agiscono anche sul piano politico, rivela che ancora non è abbastanza radicata la consapevolezza che la lotta contro la violenza di genere è principalmente culturale e che per incidere non può che passare da una forte azione politica», commentano Milena Gentile, presidente dell’associazione Emily; Giorgia Butera, presidente di Mete onlus e la Redazione di Mezzocielo. «Le associazioni rappresentano la società civile e, in quanto tali, non possono restare fuori dalle aule giudiziarie perché sarebbe un fallimento dei principi delineati dalla Convenzione di Istanbul e dalle pronunce degli organismi internazionali», concludono in una nota.

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