«Così Berlusconi ha pagato Dell’Utri per comprare il suo silenzio sulle stragi»
La Dda di Firenze accusa Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. L’ex presidente del Consiglio ha effettuato bonifici milionari per l’amico allo scopo di comprare il suo silenzio sulle stragi del 1993. L’atto di chiusura indagini, che di solito precede la richiesta di rinvio a giudizio, è stato consegnato anche alla moglie separata dell’ex Publitalia Miranda Ratti. Perché secondo i magistrati il loro divorzio sarebbe stato fittizio e sarebbe servito a impedire o rendere più difficile il sequestro dei beni. Per questo i pubblici ministeri di Firenze Luca Tescaroli e Luca Turco contestano anche il reato di intestazione fittizia di beni. Un reato legato ai 15 bonifici per un totale di 8 milioni di euro versati da Berlusconi a Ratti. Con l’obiettivo, secondo gli inquirenti, di «eludere le leggi sulle misure di prevenzione».
La chiusura indagini
Secondo i pm Dell’Utri ha agito «con l’aggravante di aver commesso i delitti di trasferimento fraudolento al fine di occultare la più grave condotta di concorso nelle stragi ascrivibile a Silvio Berlusconi e allo stesso Dell’Utri, per la quale Berlusconi è stato indagato unitamente al medesimo Dell’Utri, sino al momento del suo decesso avvenuto in epoca successiva all’ultima elargizione contestata, costituendo le erogazioni di quest’ultimo il quantum percepito da Dell’Utri per assicurare l’impunità a Silvio Berlusconi». Il senatore ha avuto incrementi patrimoniali per 42 milioni di euro in totale. 28 milioni sono arrivati tra 2012 e 2021. La procura lavora sulle somme raccolta a partire dal 2017 perché il resto è coperto da prescrizione. Ha sequestrato 10,8 milioni, parte dei quali bloccati dai conti di Marina e Pier Silvio Berlusconi. Agli atti anche le intercettazioni in cui Ratti si diceva portatrice e titolare di interessi economici nei confronti di Berlusconi.
Il filone principale
Proseguono, spiega oggi Repubblica, anche le indagini sul filone principale. Che si basa soprattutto sulle frasi dette da Giuseppe Graviano a un camorrista: «Mi ha chiesto questa cortesia. Per questo è stata l’urgenza (…). Lui voleva scendere, però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa». Nell’informativa gli investigatori scrivevano: «In corrispondenza dell’espressione Graviano dapprima percuote la spalla sinistra di Adinolfi con la mano destra, in posizione cosiddetta a taglio, dopo di che la chiude a pugni e la muove ritmicamente due volte orizzontalmente, per indicare con tutta probabilità un evento esplosivo, per poi appoggiare la mano a palmo aperto sul petto di Adinolfi».
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