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La commessa che accusa Piero Fassino sui precedenti tentati furti all’aeroporto: «Sto andando a pagare…»

piero fassino profumo aeroporto furto precedenti testimoni
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«Ho visto che nascondeva uno Chancel Chance dentro al trolley, mi ha risposto così». Gli altri racconti: «Pizzicato sotto Natale». E avrebbe preso sempre lo stesso profumo

È una commessa a inguaiare Piero Fassino. Ha poco più di 30 anni, è una dei sei testimoni che ha parlato con la Polaria e ha visto anche il primo presunto furto del profumo Chance di Chanel nel Duty Free 25 dell’Air Terminal 1 dell’aeroporto di Fiumicino. Che risale al dicembre scorso, prima di Natale. Anche se a quanto pare il deputato del Partito Democratico non ha pronunciato la frase «Lei non sa chi sono», rivolto ai vigilantes il 15 aprile scorso. Ovvero quando è stato fermato con in tasca l’essenza Chance del valore di 130 euro. Intanto la polizia ha depositato alla procura di Civitavecchia la prima informativa sui fatti. Il nuovo procuratore capo Antonio Liguori dovrà decidere sul destino dell’ex sindaco di Torino. Che adesso è formalmente indagato per tentato furto.

Cinque video

L’informativa della Polaria, lunga quattro pagina, si trova sul tavolo del sostituto procuratore Alessandro Gentile. In allegato ci sono cinque video che smentiscono la versione dell’ex ministro della Giustizia. Fassino è stato ripreso dalle quattro telecamere di sorveglianza del negozio di Aelia Lagardère. Il quinto filmato è un montaggio dei diversi momenti delle riprese. Ma la testimonianza più importante è proprio quella della commessa, riportata oggi da Repubblica. «Era dicembre 2023, prima di Natale, non ricordo bene il giorno. Ho visto il politico entrare nel nostro negozio e l’ho riconosciuto. Poco dopo, con mia sorpresa, ho visto che nascondeva uno Chanel Chance dentro al suo trolley. Ero a disagio ma l’ho avvicinato e gli ho chiesto se aveva bisogno di aiuto. Quella è stata la prima volta, poi sono arrivate le altre due», fa mettere a verbale.

Il presunto tentato furto di Natale

Secondo il racconto della commessa Fassino ha risposto: «Sto andando a pagare, mi indica le casse?». Poi è andato via. La narrazione prosegue: «Ma quell’episodio è stato segnalato, tanto che il 27 marzo quando l’ho visto entrare di nuovo da noi ho pensato “Vuoi vedere che succede di nuovo?”. Ero con una collega. Lei è andata a chiamare la sicurezza, io l’ho seguito mentre andava via. Il profumo lo aveva messo in tasca, sempre uno Chanel Chance». Perché la guardia giurata non è riuscita a fermarlo in tempo. A verbale c’è anche la testimonianza del vigilantes che l’ha fermato il 15 aprile: «Abbiamo chiamato la polizia e gli investigatori lo hanno identificato. Non ci ha detto nulla. Non ha reagito con frasi come “Lei non sa chi sono io”, ha solo tentato di pagare».

«L’abbiamo pizzicato, l’ha rifatto ancora…»

Dei precedenti furti non esistono registrazioni filmate perché le immagini sono state cancellate in ossequio alla legge sulla privacy. Il 15 aprile Fassino si è offerto di pagare il profumo. Ma il responsabile del negozio si è rifiutato. Lui allora ne ha acquistato un altro e se ne è andato. Il negoziante ha spiegato che la querela è stata presentata per policy aziendale. Proprio perché c’erano altri due precedenti. Il Fatto Quotidiano invece pubblica le dichiarazioni di un altro dipendente rilasciate al giornale: «Fassino? La prima volta che l’abbiamo pizzicato è stato sotto Natale. L’abbiamo perdonato. Però poi l’ha rifatto ancora, e ancora…». Aelia Lagardère ha minacciato provvedimenti nei confronti degli addetti che parlano con i giornalisti.

Lo stesso profumo

Chi parla non è stato ascoltato dalla procura: «I nostri hanno fermato Fassino sicuramente a Natale, tra il 20 e il 21 dicembre», dice uno di loro. «Aveva il profumo in tasca. È stato un momento molto concitato, lui ha cercato di spiegare e i colleghi hanno chiuso un occhio». Perché era un politico? «No, perché si è scusato e si è offerto di pagare». Un secondo lavoratore, anche lui non ascoltato dalla Polaria, spiega che il secondo episodio c’è stato a «fine marzo, tra il 27 e il 30 marzo, prima di Pasqua. Quella volta se n’è andato con il profumo in tasca”. Il deputato è stato lasciato andare perché «volevano vedere se tornava a pagare. Non si è più visto». Il 15 aprile la scena si ripete con un dettaglio curioso. Fassino avrebbe preso lo stesso profumo.

«Era offeso»

«Il video l’ho visto, abbiamo fatto capannello, non ci potevamo credere», racconta. Nell’occasione il deputato ha detto di nuovo di non sapere dove fossero le casse: «Era nervoso, forse impaurito. Non è vero che ha detto ‘Lei non sa chi sono io’. Era offeso perché dubitavano di lui, ma ormai non si poteva più lasciare correre».

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